(massima n. 1)
A seguito delle modifiche introdotte dalla legge 8 agosto 1995 n. 332 in tema di misure coercitive, il giudice, al fine di valutare la sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 274, lett. c), c.p.p., deve tenere conto sia delle specifiche modalità e circostanze del fatto sia della personalità dell'indagato, oggettivamente valutata sulla base dei «precedenti penali» o di «comportamenti concreti» sintomatici della pericolosità, onde pervenire, con motivazione congrua ed adeguata, alla formulazione di una prognosi di pericolosità dell'indagato in funzione della salvaguardia della collettività che deve tradursi nella dichiarazione di una concreta possibilità che egli commetta alcuno dei delitti indicati nella disposizione suddetta. Ciò trova la sua spiegazione nell'esigenza, espressamente prevista dalla norma, di una valutazione globale della gravità del reato e della personalità di chi ne è accusato, sicché il giudice deve effettuare una specifica e distinta valutazione di entrambi i criteri direttivi indicati dalla legge, senza potersi limitare all'apprezzamento dell'uno o dell'altro elemento; conseguentemente, non può assolutamente trarsi il giudizio di pericolosità esclusivamente dalle modalità dei fatti criminosi accertati.