(massima n. 1)
In tema di applicazione di misure cautelari, è obbligo del giudice individuare gli elementi concludenti che confermino attualità e concretezza delle esigenze poste a fondamento del provvedimento coercitivo, anche per il rilievo che l'art. 292, secondo comma, lett. c), c.p.p., come modificato dalla legge 8 agosto 1995, n. 332, attribuisce al tempo trascorso dalla commissione del reato; tale obbligo può ritenersi soddisfatto, in relazione all'esigenza cautelare del pericolo di fuga, con il riferimento al combinarsi dei due elementi consistenti nella pregressa latitanza dell'indagato e nella pena potenzialmente irroganda; lo stato di latitanza, invero, è sintomatico sia di una condotta ostruzionistica all'esecuzione dei provvedimenti che incidono sullo status libertatis, sia di una capacità organizzativa in grado di assicurare i non facili supporti logistici atti ad eludere l'attività della polizia giudiziaria, e ciò tanto più quando l'interesse all'elusione si ricollega alla gravità del reato ed alla conseguente presumibile gravità della sanzione.