(massima n. 1)
In materia di misure cautelari, l'ordinamento vieta di trarre dall'esercizio del diritto al silenzio qualsiasi conseguenza negativa per l'imputato, anche nei casi in cui consente altrimenti al giudice di valutare il comportamento processuale dell'imputato stesso. Il silenzio inibisce, da una parte l'accesso ai premi che talora l'ordinamento elargisce agli imputati che collaborano e, dall'altra, può non recare alleggerimento all'onere probatorio gravante sul pubblico ministero e può non contribuire ad eliminare, ove sussista, il pericolo di inquinamento delle prove. Ma di tale pericolo l'imputato non può essere ritenuto autore per il solo fatto di aver esercitato il diritto di tacere. (Fattispecie in cui la Corte ha stigmatizzato il contenuto del provvedimento custodiale motivato dal pericolo di inquinamento della prova desunto dal comportamento processuale tenuto dall'inquisito che si era rifiutato di rispondere agli interrogatori, provvedimento che aveva in tal modo determinato una compressione del diritto di non rispondere sancito dagli artt. 14, par. 2, lettera g) del Patto internazionale sui diritti civili e politici, e 64 c.p.p.).