(massima n. 1)
L'inammissibilità non è la sanzione per un vizio dell'atto diverso dalla nullità, ma la conseguenza di particolari nullità dell'appello e del ricorso per cassazione, e non è comminata in ipotesi tassative ma si verifica ogniqualvolta - essendo l'atto inidoneo al raggiungimento del suo scopo (nel caso dell'appello, evitare il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado) - non operi un meccanismo di sanatoria; pertanto, essendo inapplicabile all'atto di citazione di appello l'art. 164, secondo comma c.p.c. (testo originario), per incompatibilità - in quanto solo l'atto conforme alle prescrizioni di cui all'art. 342 c.p.c. è idoneo a impedire la decadenza dall'impugnazione e quindi il passaggio in giudicato della sentenza - l'inosservanza dell'onere di specificazione dei motivi, imposto dall'art. 342 cit., integra una nullità che determina l'inammissibilità dell'impugnazione, con conseguente effetto del passaggio in giudicato della sentenza impugnata, senza possibilità di sanatoria dell'atto a seguito di costituzione dell'appellato - in qualunque momento essa avvenga - e senza che tale effetto possa essere rimosso dalla specificazione dei motivi avvenuta in corso di causa.