(massima n. 1)
Una volta acquisite ai sensi dell'art. 238 bis c.p.p., le sentenze irrevocabili sono valutabili entro i limiti ben precisi indicati dagli artt. 187 e 192 comma 3 stesso codice. Pertanto il giudice, perché tali sentenze, assimilate alle dichiarazioni accusatorie del reo o del correo, assurgano a dignità di prova nel diverso processo penale al quale vengono acquisite, deve, in primo luogo, nel contraddittorio delle parti, accertare la veridicità dei fatti ritenuti come dimostrati dalle dette sentenze e rilevanti ex art. 187 c.p.p., salva la facoltà dell'imputato di essere ammesso a provare il contrario; del pari, su richiesta dell'accusa, il giudice dovrà acquisire al dibattimento, nel contraddittorio delle parti, gli elementi di prova - costituiti da riscontri esterni individualizzanti - che confermino la veridicità dei fatti, accertati nelle sentenze irrevocabili acquisite e che divengano, in tal modo, fonti di prova del reato, per cui si procede, sicché sulla base delle esposte premesse non è ipotizzabile alcuna violazione del principio della terzietà del giudice né di quello del diritto di difesa. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, l'imputato aveva dedotto l'inosservanza dell'art. 238 bis c.p.p. in relazione a sentenza annullata dalla Cassazione nonché l'erronea applicazione di detta norma, dovendosi intendere per «prova di fatto in essa accertato» non già la serie di elementi raccolti e le valutazioni espresse per pervenire alla pronuncia passata in giudicato, bensì il contenuto storico del dispositivo. La S.C. ha, invece, ritenuto che le sentenze irrevocabili indicate dal citato art. 238 bis sono acquisibili per le risultanze di fatto che risultino dalle motivazioni delle sentenze e non già dai loro dispositivi).