(massima n. 1)
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 143 c.p.p. (Nomina dell'interprete), in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui tale norma non prevede la traduzione dell'avviso dell'udienza innanzi al tribunale del riesame. Tale mancata previsione non viola, innanzitutto, il diritto di difesa, in quanto il procedimento incidentale di riesame presiede essenzialmente al controllo, sotto il profilo della legittimità e anche del merito, delle misure cautelari adottate e nello stesso non si esplica la vera e propria difesa dell'indagato, com'è dimostrato anche dal fatto che non ne è prevista la presenza e l'interrogatorio (se non, solo eventualmente, a sua richiesta e in una sede diversa, ex art. 127, comma 3, c.p.p.); la mancata previsione stessa, poi, non è in contrasto con il principio di eguaglianza, in quanto le situazioni del cittadino e dello straniero sono ontologicamente diverse e tali rimarrebbero anche se, relativamente alla notifica dell'avviso della data fissata per l'udienza camerale, fosse prevista la traduzione. Quella del soggetto che si rechi o viva in un paese straniero, senza conoscerne la lingua, è di per sè una situazione che presenta una serie di difficoltà, alle quali lo straniero, che vi si trovi, è naturalmente e preventivamente preparato: quello che rileva è che detta situazione non si risolva in una disparità di trattamento ingiustificata, che vada cioè al di là della naturale diversità di cui si è detto, con il riconoscimento, a favore del cittadino, di vantaggi ingiustificati, nella specie chiaramente insussistenti (in quanto la «particolarità» denunciata discende, appunto e soltanto, da una ineliminabile diversità di situazione «di base»).