(massima n. 1)
La declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., nella parte in cui non prevedeva l'incompatibilità a partecipare al successivo giudizio del giudice che avesse respinto una richiesta di patteggiamento (intervenuta con sentenza della Corte costituzionale del 22 aprile 1992, n. 186), non può avere alcuna efficacia nella ipotesi in cui la questione di legittimità, già dichiarata manifestamente infondata dal giudizio di primo grado, sia stata riproposta come motivo di appello e la declaratoria di illegittimità sia intervenuta - perché rimessa la questione della Consulta da altro giudice - nelle more del giudice di appello. Infatti, va da un lato osservato che l'incompatibilità non produce di per sé un vizio della decisione cui abbia partecipato il giudice incompatibile, e dall'altro che la parte interessata avrebbe potuto proporre istanza di ricusazione, essendo questa ammissibile anche nel caso in cui l'esito favorevole debba passare attraverso l'accoglimento di un'eccezione di illegittimità costituzionale. (Nel caso, la cassazione ha ritenuto corretto l'operato dei giudici di appello che avevano dichiarato l'irrilevanza della questione perché nel frattempo decisa nei sensi suindicati: ha osservato la Corte suprema che alla parte sarebbe stato consentito di ricusare il giudice e di sollevare la questione di legittimità costituzionale in sede di procedimento di ricusazione).