(massima n. 1)
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 c.p.p. in relazione all'art. 3 Cost. nell'ipotesi in cui non prevede l'incompatibilità del giudice che abbia deciso una fattispecie criminosa caratterizzata dalla contestazione di un reato plurisoggettivo reciproco e proprio nei confronti di alcuni concorrenti. Infatti detta incompatibilità è configurabile ove sussista una regiudicanda identica, giacché unicamente in tal caso può riconoscersi un condizionamento suscettibile di minare l'imparzialità del giudice, non ravvisabile nell'ipotesi di concorso di persone nel medesimo reato, perché alla comunanza dell'imputazione fa necessariamente riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio di responsabilità, devono formare oggetto di autonome valutazioni sotto il profilo tanto materiale che psicologico e dell'imputabilità e ben possono sfociare in un accertamento positivo per l'uno e negativo per l'altro. Tale principio trova applicazione anche nell'ipotesi in cui il giudice abbia deciso la posizione di un concorrente in un reato necessariamente plurisoggettivo, giacché pure in questo caso manca l'identità della res judicanda, posto che il concorso di persone nel reato sia esso eventuale o necessario, riposa comunque su una pluralità di condotte autonome. Inoltre l'esercizio congiunto o disgiunto dell'azione penale (riunione o separazione dei procedimenti) non può comportare incompatibilità del tipo invocato, giacché non si tratta di un giudice che in uno stadio anteriore del procedimento abbia preso decisioni di merito pregiudizievoli, in qualsiasi modo, nei confronti dell'imputato, ma di giudice che si pronuncia per la prima volta sulla responsabilità del predetto, in quanto la sentenza emessa nei confronti dei concorrenti concerne un procedimento diverso. (Fattispecie in tema di finanziamento dei partiti politici).