(massima n. 1)
Il preteso padre naturale del figlio, che, nato da madre coniugata, abbia lo stato di figlio legittimo del marito di questa, in forza dell'atto di nascita, non può esperire, per contrastare tale paternità legittima, l'azione di contestazione della legittimità, contemplata dall'art. 248 c.c., poiché questa disposizione avente carattere residuale non trova applicazione con riguardo alle ipotesi in cui si metta in discussione la paternità, che sono compiutamente regolamentate dagli artt. 235 e 244 c.c., in terna di disconoscimento della paternità, con l'individuazione dei soggetti all'uopo abilitati, da cui è escluso il preteso padre naturale, nonché dei termini e delle condizioni per il disconoscimento medesimo. Tale principio manifestamente non pone in contrasto il citato art. 248 c.c. con l'art. 30 della Costituzione, sul diritto di entrambi i genitori di mantenere, educare ed istruire i figli (anche se nati fuori dal matrimonio), trattandosi di scelta discrezionale del legislatore ordinario, compatibile con detta norma costituzionale, mentre un'eventuale violazione dell'art. 3 della Costituzione, a causa dell'esclusione del preteso padre naturale fra le persone legittimate al disconoscimento di cui all'art. 235 c.c., potrebbe essere rilevante solo nel diverso caso in cui egli agisca tempestivamente, ai sensi dello stesso art. 235 c.c., sollevandone questione di legittimità costituzionale quale mezzo al fine di sentirsi includere fra i titolari dell'azione di disconoscimento.