(massima n. 2)
Nel rapporto tra le parti, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2786, primo comma e 2787, terzo comma, c.c., il pegno è validamente costituito con la sola consegna della cosa senza la necessità di alcuna formalità, la forma scritta e l'identificazione del credito garantito e dei beni assoggettati alla garanzia essendo necessari per la prelazione, cioè per rendere opponibile la garanzia agli altri creditori del datore di pegno. Allo stesso modo, quando il pegno è costituito da un terzo, il mancato rispetto delle condizioni necessarie per il sorgere della prelazione giova agli altri creditori del terzo datore, ai quali la garanzia pignoratizia è quindi inopponibile, non già agli altri creditori del debitore garantito. In quanto non richiesto ad substantiam il requisito della forma scritta può considerarsi sussistente in presenza di documento o atto idoneo che sia autentico ed idoneo a dimostrare l'esistenza del diritto fatto valere in giudizio, ovvero a documentare il rapporto negoziale o a far desumere, contro il dichiarante, la prova del contenuto e dei limiti del contratto verbale concluso tra le parti: ne consegue che è idoneo ad integrare detto requisito il verbale dell'udienza avanti al giudice dell'esecuzione, ove è raccolta la dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell'art. 547 c.p.c. Inoltre, dando luogo a mera inopponibilità, la mancanza dell'atto scritto - cosi come della datazione - non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, ed integrando una eccezione - in senso stretto - dev'essere prospettata con l'osservanza, a pena di decadenza, delle norme stabilite dall'art. 183 c.p.c. (nel testo novellato dalla legge n. 353 del 1990), e dunque non per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni.