(massima n. 1)
Le copie fotostatiche e fotografiche di un documento hanno, a norma dell'art. 2719 c.c., lo stesso valore probatorio degli originali quando la loro conformità con questi attestata dal pubblico ufficiale, ovvero non è espressamente disconosciuta dalla parte contro cui sono prodotte, con la conseguenza che, in caso di disconoscimento della copia non autenticata, questa non può essere utilizzata come prova dei fatti in essa rappresentati né dell'esistenza stessa della scrittura riprodotta, dovendo i medesimi essere autonomamente dimostrati, dalla parte che ha prodotto in giudizio la copia disconosciuta, nei modi consentiti dalla legge e non mediante la verificazione della conformità della copia all'originale. Pertanto, ove la copia fotostatica o fotografica riguardi un contratto per il quale è richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem, la parte interessata deve necessariamente produrre in giudizio detto atto in originale o in copia autenticata al fine della prova della sua esistenza e del suo contenuto, mentre potrà servirsi della prova per testimoni o per presunzioni soltanto se abbia dedotto e previamente dimostrato la perdita incolpevole del documento originale.