(massima n. 2)
In relazione a comportamenti antigiuridici atti a protrarsi nel tempo, l'esperibilità dell'azione inibitoria, rivolta cioè a conseguire una pronuncia del giudice che precluda la prosecuzione dei comportamenti medesimi, non configura espressione di un principio generale dell'ordinamento, e può essere riconosciuta soltanto nella materia in cui è specificamente contemplata dalla legge. Peraltro, nell'ambito di tali materie, deve ammettersi la possibilità di una applicazione analogica della norma che preveda l'inibitoria (art. 12 secondo comma disp. prel. c.c.), con riguardo a casi simili, per i quali non si giustificherebbe una deteriore tutela del soggetto a fronte del probabile ripetersi del fatto dannoso. Pertanto, nella ipotesi di comportamento lesivo della sfera patrimoniale dell'imprenditore, il quale, pur difettando dei requisiti per essere qualificato come atto di concorrenza sleale, integri un illecito aquiliano, deve ritenersi esperibile l'indicata azione, facendo applicazione per analogia dell'art. 2599 c.c. in tema di concorrenza sleale.