La norma in oggetto sancisce il principio secondo cui
ognuno è libero di presentarsi al pubblico ministero e rendere dichiarazioni, qualora venga a conoscenza che nei suoi confronti sono svolte delle indagini.
La persona indagata può infatti apprendere in qualsiasi maniera di essere sottoposta ad indagini, vuoi per imperizia degli organi investigativi, vuoi perché venuto a conoscenza da parte di altri soggetti indagati. L'istituto in questione è destinato quindi a sopperire alle formalità di una vera e propria convocazione, ma non significa che il pubblico ministero sia obbligato a rivelare dettagli dell'indagine. Per contro, il pubblico ministero può semplicemente limitarsi a raccogliere le
dichiarazioni spontanee.
Tuttavia, nelle ipotesi in cui l'organo inquirente valuti in positivo l'opportunità di
contestare all'indagato il fatto, si applica la disciplina dell'
interrogatorio, con le guarantigie di cui agli articoli
64,
65 e [[n364]].
Conseguenza immediata dell'applicabilità delle norme sull'interrogatorio consiste nel fatto che le dichiarazioni potranno in tal caso essere utilizzate per le contestazioni a norma dell'articolo
503 comma 5.
Nonostante il fatto che il
legislatore veda evidentemente con favore la presentazione spontanea dell'indagato, l'ultimo comma stabilisce che essa non pregiudichi in nessun caso l'applicazione di
misure cautelari, pur nella ovvia considerazione che il giudice procedenti possa comunque valutare in positivo il comportamento dell'indagato e di irrogare una misura cautelare che tenga conto della collaborazione.