La necessità di rinnovare periodicamente gli organi amministrativi, e l'esigenza di evitare o di colmare pericolosi vuoti di potere, garantendo la continuità, sono alla base dell'istituto della proroga, in virtù del quale i titolari degli organi amministrativi si considerano in carica, con l'obbligo di continuare a esercitare le funzioni, anche dopo la scadenza del tempo per cui furono nominati e fino alla loro sostituzione da parte dei successori. Dopo un lungo dibattito in dottrina e giurisprudenza, originato dalla situazione di incertezza che scaturiva dall'inesistenza di precisi limiti di tempo alla proroga, situazione che violava in modo palese i principi costituzionali della riserva di legge, dell'imparzialità e del buon andamento dell'organizzazione amministrativa, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 208 del 16 aprile 1992, ha espressamente riconosciuto che la regola della prorogatio a tempo indefinito contrastava con i principi sanciti dall'art. 97 Cost. Attualmente, la legge 15 luglio 1994 n. 444, prevede la prorogatio degli organi dello Stato, degli enti pubblici o a partecipazione pubblica, limitandola però ai soli 45 giorni dalla scadenza.