Si appella così colui che si offre, in qualità di convenuto, nel giudizio di rivendica, proclamandosi possessore per trarre in inganno l'attore. L'espressione risale al diritto romano, il quale prevedeva che, sebbene di regola il convenuto nella rei vindicatio dovesse essere il possessore della cosa al momento dell'insorgenza della lite (litis contestatio), oppure al successivo momento dinanzi al giudice (apud iudicem), tuttavia, al fine di evitare furbe manovre del convenuto stesso per sottrarsi alla condanna, era possibile che questa fosse chiesta ed ottenuta anche nei confronti del possessore fittizio. Anche nel nostro ordinamento vigente il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene, e può proseguire l'esercizio dell'azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa: in tal caso il convenuto è obbligato a recuperarla per il proprietario a proprie spese o, in mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno.