Con un’istanza di interpello, un datore di lavoro ha interrogato l’Agenzia delle Entrate sulla possibilità di erogare i cc.dd. fringe benefits ai lavoratori con carta di debito.
In poche parole, i fringe benefits possono essere assegnati ai dipendenti tramite una carta di debito elettronica?
Quando si parla di fringe benefits, ci si riferisce a compensi in forma “non monetaria” poiché il datore di lavoro non li eroga sotto forma di denaro, ma li riconosce in busta paga ai lavoratori sotto forma di beni e servizi.
Nel quesito posto all’Agenzia, il datore di lavoro precisa che vuole adottare un piano di welfare che prevede l’erogazione ai dipendenti di beni e servizi (appunto, fringe benefits) ai sensi dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 51 del T.U.I.R. (Testo unico delle imposte sui redditi).
A tal riguardo, occorre evidenziare che l’art. 51, comma 3 TUIR pone una deroga al principio generale dell’omnicomprensività del reddito da lavoro dipendente.
Secondo tale principio (espresso dal comma 1 dello stesso art. 51), nel reddito da lavoro dipendente si considerano tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.
Invece, il comma 3 dell’art. 51 stabilisce che, nella formazione del reddito del lavoratore, sono esclusi tutti i benefici erogati quando questi sono globalmente inferiori – nel periodo di imposta – a 258,23 euro.
Quindi, l’ultimo periodo dell’art. 51, comma 3 TUIR stabilisce un limite ai fringe benefits nella formazione del reddito da lavoro dipendente: ossia un limite di 258,23 euro annui.
Dunque, nell’istanza di interpello, il datore di lavoro sottolinea di voler affidare l’assegnazione dei fringe benefits ad un provider, specificando che il servizio offerto da tale provider prevede l’erogazione dei fringe benefits attraverso una carta di debito nominativa.
Peraltro, la carta attribuita ai dipendenti avrebbe caratteristiche tali da evitare abusi:
In poche parole, i fringe benefits possono essere assegnati ai dipendenti tramite una carta di debito elettronica?
Quando si parla di fringe benefits, ci si riferisce a compensi in forma “non monetaria” poiché il datore di lavoro non li eroga sotto forma di denaro, ma li riconosce in busta paga ai lavoratori sotto forma di beni e servizi.
Nel quesito posto all’Agenzia, il datore di lavoro precisa che vuole adottare un piano di welfare che prevede l’erogazione ai dipendenti di beni e servizi (appunto, fringe benefits) ai sensi dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 51 del T.U.I.R. (Testo unico delle imposte sui redditi).
A tal riguardo, occorre evidenziare che l’art. 51, comma 3 TUIR pone una deroga al principio generale dell’omnicomprensività del reddito da lavoro dipendente.
Secondo tale principio (espresso dal comma 1 dello stesso art. 51), nel reddito da lavoro dipendente si considerano tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.
Invece, il comma 3 dell’art. 51 stabilisce che, nella formazione del reddito del lavoratore, sono esclusi tutti i benefici erogati quando questi sono globalmente inferiori – nel periodo di imposta – a 258,23 euro.
Quindi, l’ultimo periodo dell’art. 51, comma 3 TUIR stabilisce un limite ai fringe benefits nella formazione del reddito da lavoro dipendente: ossia un limite di 258,23 euro annui.
Dunque, nell’istanza di interpello, il datore di lavoro sottolinea di voler affidare l’assegnazione dei fringe benefits ad un provider, specificando che il servizio offerto da tale provider prevede l’erogazione dei fringe benefits attraverso una carta di debito nominativa.
Peraltro, la carta attribuita ai dipendenti avrebbe caratteristiche tali da evitare abusi:
- la carta potrebbe essere usata soltanto per usufruire dei fringe benefits presso fornitori specificamente individuati e nel limite del budget di spesa figurativo assegnato dal datore;
- sarebbe esclusa qualsiasi operazione in moneta (ad esempio, prelievo o versamento di contante);
- è vietato l’utilizzo promiscuo della carta: cioè, non è possibile l’uso del budget per la fruizione del fringe benefit e di risorse diverse (come denaro) estranee alle politiche di welfare aziendale;
- la carta sarebbe nominativa e solo il dipendente titolare potrebbe utilizzarla (ad esempio, attraverso un PIN personale);
- la carta non sarebbe cedibile a terzi o commercializzabile.
Dunque, i fringe benefits possono essere assegnati cumulativamente su una carta di debito o su una carta prepagata utilizzabile soltanto dal lavoratore?
Il datore di lavoro ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se tale carta possa essere qualificata come “documento di legittimazione” e possa costituire un voucher cumulativo ai sensi dell’art. 51, comma 3-bis TUIR.
Inoltre, in caso di risposta favorevole, il datore di lavoro ha anche domandato se si possa considerare esentato dall’obbligo di applicazione della ritenuta alla fonte sul valore dei beni e dei servizi da assegnare ai propri dipendenti.
L’Agenzia delle Entrate ha risposto precisando che può essere riconosciuta alla carta di debito assegnata ai lavoratori dipendenti la funzione di “documento di legittimazione” ai sensi del comma 3-bis dell’art. 51 TUIR.
Nello specifico, l’Agenzia risponde positivamente poiché tiene conto dei limiti di spesa conformi al massimale previsto dalla normativa (258,23 euro, con deroghe temporanee per il 2024 e 2025 che alzano questa soglia a 1.000 o 2.000 euro in determinate circostanze), nonché delle modalità di utilizzo della carta presso esercizi commerciali aderenti al circuito del provider, che svolgono attività d’impresa nei soli settori preventivamente individuati dal datore come potenziali erogatori di fringe benefits per i propri dipendenti.
Pertanto, il datore di lavoro – in qualità di sostituto d’imposta – non è obbligato ad applicare la ritenuta a titolo d’acconto sull’importo utilizzato dai propri dipendenti per l’acquisto dei beni e servizi previsti dal piano di welfare.
In conclusione, l’Agenzia delle Entrate risponde positivamente al datore di lavoro, affermando che l’importo dei fringe benefits erogati tramite la carta di debito non è soggetto a ritenuta alla fonte.