Va subito detto che le norme variano in base a chi è il creditore (se è l'Agenzia delle Entrate o un creditore privato) e a quale tipo di lavoro svolga il debitore (dipendente, pensionato o autonomo).
Il creditore, dinanzi all’inadempimento del debitore, ha a propria disposizione la procedura esecutiva del pignoramento del conto corrente. Attraverso tale procedura, egli può soddisfare il proprio credito sottraendo i soldi presenti sul conto del debitore. Si tratta di una procedura rientrante nel c.d. pignoramento presso terzi, ove il terzo è l’istituto di credito presso cui è aperto il conto corrente del debitore.
Il pignoramento inizia quando al debitore e alla banca viene notificato l’atto di pignoramento il quale, ai sensi degli artt. 543 e 492 c.p.c., deve includere:
- l'indicazione del credito che si vuole recuperare, del titolo esecutivo e del precetto;
- la dichiarazione del luogo di residenza o l’elezione di domicilio nel Comune dove si trova il Tribunale competente, nonché l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del creditore che procede;
- l'indicazione, anche generica, dei beni o delle somme oggetto del pignoramento e l’ordine al terzo di non disporre di tali beni senza autorizzazione del giudice;
- la convocazione del debitore a presentarsi davanti al giudice competente;
- l’invito - rivolto al terzo - a inviare al creditore procedente, entro 10 giorni, la dichiarazione prevista dall’art. 547 del c.p.c. tramite raccomandata o posta elettronica certificata;
- l’avvertimento al terzo che, in caso di mancata comunicazione, dovrà rendere la dichiarazione in udienza e che, se non si presenta o non fa la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso dei beni del debitore saranno considerati non contestati, ai fini del processo e dell’esecuzione basata sull’assegnazione, nell’importo o nelle modalità indicate dal creditore;
- l'ingiunzione al debitore di non compiere atti che sottraggano i beni pignorati alla garanzia del credito;
- l’invito - al debitore - a dichiarare presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione la propria residenza o a eleggere domicilio in uno dei comuni del circondario del giudice dell’esecuzione, avvisandolo che, in caso di mancata dichiarazione o irreperibilità, le notifiche future saranno inviate presso la cancelleria.
Nell’atto di pignoramento dev’essere indicata una data per l’udienza, in cui il creditore può richiedere al giudice di assegnargli le somme congelate dalla banca. Quest'ultima, infatti, è obbligata a bloccare le somme fino al valore del credito reclamato, aumentato del 50% per coprire eventuali costi procedurali e ulteriori accrediti, fino alla data dell’udienza.
In caso di conto in negativo, invece, le somme versate dopo il pignoramento non possono essere toccate, a meno che non rendano il saldo positivo.
All’udienza, il giudice potrebbe trovarsi di fronte a due soluzioni:
- ordinare alla banca il mantenimento del pignoramento del conto corrente, qualora il debitore sia un dipendente o un pensionato. In questo caso, la banca dovrà trattenere un quinto delle mensilità future accreditate, fino all’estinzione del debito;
- se invece si tratta di un professionista o di un imprenditore, il giudice assegnerà solo l’importo disponibile al momento dell’udienza e il conto sarà liberato dal pignoramento.
Se la banca non ottempera all’ordine di pagamento, il creditore può rivolgersi al giudice per ottenere l’assegnazione delle somme.
Non esiste tuttavia una somma minima al di sotto della quale non è possibile pignorare un conto corrente. Questo significa che, anche per un debito di 500 euro, il creditore potrà attivare il pignoramento, potendo così recuperare anche le spese legali e procedurali qualora il conto sia in positivo.
Il legislatore, però, ha previsto alcune limitazioni con riferimento a pensionati e lavoratori dipendenti. Infatti, per tali soggetti, le somme depositate sul conto prima della notifica del pignoramento - e relative a stipendio o pensione - possono essere pignorate solo se superano il triplo dell’assegno sociale, ovvero circa 1.600 euro. Di conseguenza, un deposito inferiore a questa cifra è intoccabile, mentre tutto l’importo eccedente potrà essere pignorato.
Questo limite, però, vale solo per i risparmi derivanti da stipendi o pensioni; se sul conto ci sono altre entrate, come affitti o redditi di altra natura, queste somme non godono della stessa protezione. Inoltre, come già detto, le mensilità accreditate sul conto dopo la notifica del pignoramento possono essere pignorate solo nel limite di un quinto, fino alla soddisfazione della pretesa creditoria.
Il quinto viene calcolato sul netto dello stipendio o della pensione.
Nel caso delle pensioni, prima di calcolare il quinto, va dedotto il minimo vitale, che equivale a due volte l'assegno sociale (nel 2024, pari a 534,41 euro) e non può mai essere inferiore a 1.000 euro. Ad esempio, una pensione da 1.000 euro non può essere pignorata.
Se il creditore è l'Agenzia delle Entrate, lo stipendio o la pensione possono essere pignorati nei seguenti limiti:
- un decimo se l'importo non supera i 2.500 euro mensili;
- un settimo se il reddito mensile è tra 2.500 e 5.000 euro;
- un quinto se supera i 5.000 euro.