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Legge 104, niente turni notturni al lavoro se assisti un familiare disabile: ecco cosa dice la legge e la Cassazione

Sanità - -
Legge 104, niente turni notturni al lavoro se assisti un familiare disabile: ecco cosa dice la legge e la Cassazione
La legge precisa quando i caregiver possono essere esonerati dal lavoro notturno. Chi ne ha diritto? Ci sono differenze tra comma 1 e comma 3 dell’art. 3 della Legge 104?
La Legge n. 104/1992 stabilisce una serie di benefici a favore dei soggetti con disabilità e dei familiari che li assistono. In particolare, la Legge 104 prevede alcune agevolazioni sul piano lavorativo per chi si prende cura di un familiare con handicap.

Occorre precisare che il lavoratore o la lavoratrice, che si prende cura del coniuge o di un parente convivente disabile, viene chiamato caregiver.

Tra i benefici per il caregiver è previsto l’esonero dai turni notturni con la Legge 104? Vediamo cosa stabilisce la normativa.

Innanzitutto, il comma 1 dell’art. 3 della legge 104 precisa chi ha diritto alla Legge 104: è chi ha una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabile o destinata ad aggravarsi col tempo. Questa minorazione deve essere causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione sul posto di lavoro e deve determinare emarginazione o svantaggio sociale.

Inoltre, ai sensi del comma 3 dell’art. 3 della Legge 104, si parla di disabilità grave quando, in relazione all’età del soggetto, la minorazione ha ridotto l’autonomia personale e ha reso necessaria un’assistenza generale, permanente e continuativa.

Allora, se un lavoratore deve assistere un familiare disabile, egli ha diritto ad essere esonerato dai turni notturni?

La risposta è sì, ma a determinate condizioni. Vediamole nello specifico.

Prima di tutto, è necessario sapere che con “lavoro notturno” s’intende quell’attività svolta durante almeno sette ore consecutive, che comprende anche il periodo di tempo tra la mezzanotte e le cinque del mattino.

Chi può beneficiare dell’esenzione dal lavoro notturno con la Legge 104? Ci sono differenze tra il disabile ai sensi del comma 1 dell’art. 3 della Legge 104 e il disabile grave a norma del comma 3 della stessa disposizione?

Secondo la normativa (Norme in materia di orario di lavoro, Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), i lavoratori e le lavoratrici, che hanno a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della Legge 104, hanno diritto ad essere esonerati dai turni notturni. Queste categorie di lavoratori non possono essere obbligate a lavorare di notte o a svolgere turni equiparati al lavoro di notte (cioè, i turni di reperibilità o di pronta disponibilità).

Però, cosa vuol dire che “il lavoratore deve avere a proprio carico il disabile”?

Il Ministero del Lavoro, con una sua risoluzione (la n. 4 del 2009), ha evidenziato che la definizione “a proprio carico” debba essere interpretata in base alla disciplina prevista per i permessi lavorativi 104. Ciò significa che, anche ai fini dell’esonero dal lavoro notturno, il disabile può essere considerato “a carico” quando il lavoratore presti effettiva assistenza al soggetto con handicap.

Inoltre, riprendendo le indicazioni dell’INPS (circolare n. 90 del 2007), il Ministero ha anche precisato cosa significa “assistenza effettiva”: non è necessario che l’assistenza sia quotidiana, ma occorre che abbia il carattere della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle concrete esigenze della persona con disabilità in situazione di gravità.

Quindi, stando a quanto detto finora, è certamente possibile ottenere l’esclusione dal lavoro notturno per chi lavora e ha a carico un soggetto con disabilità grave ai sensi del comma 3 dell’art. 3 della Legge 104.

Il dubbio rimane per le persone disabili a norma del comma 1 dell’art. 3 della Legge 104: anche i loro caregiver hanno diritto all’esonero dal lavoro notturno?

La Cassazione, con l’ordinanza n. 12649 del 2023, ha affermato che il caregiver lavoratore, che si occupa di un familiare con disabilità, può essere esonerato dal lavoro notturno. E ciò indipendentemente dal fatto che sia stata o meno riconosciuta la gravità della disabilità ai sensi del comma 3.
Infatti, l’art. 3 definisce “persona con handicap” sia colui al quale viene riconosciuta la disabilità ai sensi del comma 1, sia al soggetto a cui è attribuita la disabilità gravità di cui al comma 3.


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