Quando l’INPS può bloccare il pagamento dell’indennità di accompagnamento?
Devi sapere che l’indennità di accompagnamento è una misura economica concessa a tutti i cittadini in possesso di determinati requisiti sanitari. Si fa riferimento a coloro che hanno un’invalidità totale e permanente al 100% e che non sono autosufficienti, con bisogno di continua assistenza. Infatti, l’indennità è riconosciuta ai mutilati o invalidi totali per i quali sia stata accertata l’impossibilità di camminare da soli o l’incapacità di compiere autonomamente le attività quotidiane (ad esempio, lavarsi e vestirsi).
È anche necessario che l’interessato sia residente in forma stabile in Italia.
Però, oltre a questi requisiti, l’indennità di accompagnamento spetta indipendentemente dal reddito personale annuo e dall’età.
Dunque, per quale motivo può essere sospeso l’assegno di accompagnamento?
L’indennità viene pagata per dodici mensilità dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda (o, in via eccezionale, dalla data indicata dalla commissione sanitaria nel verbale di riconoscimento dell’invalidità civile).
Allora, la sospensione del pagamento dell’indennità di accompagnamento c’è soltanto nel caso di ricovero, a totale carico dello Stato, per un periodo superiore a 29 giorni.
Quindi, il blocco della misura si ha solo ed esclusivamente nel caso di ricovero per più di 29 giorni. Se non viene superato questo limite di tempo, il soggetto beneficiario non corre rischi: l’indennità continua ad essere erogata.
Però, c’è un’eccezione. È prevista un’ipotesi in cui, nonostante il ricovero per più di 29 giorni, non c’è la sospensione del pagamento dell’assegno di accompagnamento. Vediamo quando.
Peraltro, come precisato dall’INPS, per ottenere il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, è necessario che la minorazione sia stata dichiarata dalla Commissione medico legale nel verbale di accertamento sanitario.
Nella domanda di avvio del procedimento, bisogna inserire anche dati socio-economici: ricoveri, svolgimento di attività lavorativa, indicazione delle modalità di pagamento e della delega alla riscossione di un terzo o in favore delle associazioni.
La procedura di riconoscimento termina con l’invio, da parte dell’INPS, del verbale di invalidità civile tramite raccomandata A/R o all’indirizzo PEC indicato dall’interessato.
Quindi, come detto, i pagamenti dell’assegno di accompagnamento sono sospesi nel caso in cui il beneficiario venga ricoverato, a totale carico dello Stato, per più di 29 giorni. Tuttavia, l’INPS, con una propria comunicazione (messaggio n. 3347 del 26 settembre 2023) ha precisato che, in presenza di alcune condizioni, è possibile continuare a ricevere la prestazione anche in questa situazione.
Non c’è sospensione dell’indennità quando, nonostante il ricovero in una Struttura ospedaliera pubblica o convenzionata con il S.S.N. (Sistema Sanitario Nazionale) per un periodo superiore a 29 giorni, la Struttura sanitaria non garantisce un’assistenza esaustiva.
Cosa significa “assistenza esaustiva”? Si deve verificare la completezza del servizio dato dalla Struttura sanitaria.
In pratica, per valutare la completezza dell’assistenza offerta dalla Struttura sanitaria, bisogna vedere se sia o meno necessaria la presenza di un familiare o di un infermiere privato anche nel corso del periodo di ricovero.
Se occorre la presenza di un parente o di un infermiere privato durante la degenza, allora si potrà dire che la Struttura ospedaliera non abbia offerto un’assistenza esaustiva.
Però, bisogna fare attenzione. In questo caso, l’esenzione dalla sospensione non è automatica, ma va dimostrata e comunicata. Difatti, per non incorrere nella sospensione dell’indennità di accompagnamento, l’interessato dovrà presentare online un’apposita dichiarazione all’INPS, indicando il periodo di ricovero (con il giorno di inizio e di fine della degenza) e allegando la documentazione data dalla Struttura sanitaria, con cui si possa accertare che l’assistenza non è stata esaustiva.