Da gennaio 2024 sono iniziati i pagamenti dell’assegno di inclusione (ADI): la nuova misura di inclusione sociale e lavorativa introdotta dal Governo. Con il supporto per la formazione e il lavoro, l’ADI ha sostituito il reddito di cittadinanza.
Per ottenere questo sussidio, occorre presentare la domanda all’INPS, registrarsi sulla piattaforma Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL) e sottoscrivere il patto di attivazione digitale del nucleo familiare (PAD). Inoltre, il richiedente deve possedere i requisiti previsti dalla normativa. Chiaramente, se questi requisiti non ci sono, la domanda viene rigettata.
Cosa si può fare se la domanda per l’ADI viene respinta?
È l’INPS a rispondere con una recente comunicazione (messaggio n. 684 del 14 febbraio 2024). Ci sono due possibili strade.
Innanzitutto, l’interessato può presentare una richiesta motivata di riesame. Tale richiesta deve essere proposta alla sede INPS territorialmente competente entro trenta giorni dalla data della comunicazione del rifiuto della domanda.
In particolare, sarà possibile inviare la richiesta di riesame della domanda per l’ADI rigettata dal prossimo 27 febbraio 2024. Infatti, accedendo al sito dell’INPS con le proprie credenziali (tramite SPID, CIE o CNS), si può tenere sotto controllo la procedura per l’ADI, consultando lo stato e l’esito della domanda. Quindi, nel caso in cui la domanda venga respinta, sarà possibile capire le cause del rigetto proprio dal portale istituzionale dell’INPS. Però, il dettaglio delle motivazioni di rigetto sarà disponibile soltanto a partire dal 27 febbraio 2024.
Tuttavia, come detto, questa non è l’unica soluzione. Infatti, contro il rigetto della domanda per l’Adi, è anche possibile presentare ricorso giudiziario.
Peraltro, non sempre tutto è bianco o è nero. Ci sono anche delle zone grigie. Infatti, potrebbe anche accadere che la domanda ADI non sia stata respinta, ma venga a trovarsi in una situazione di sospensione per accertamento o di evidenza.
La domanda viene sospesa quando l’INPS deve fare altri controlli, ad esempio per verificare se l’interessato ha i requisiti di residenza o per verificare le discordanze tra l’ISEE e i dati dell’ANPR (Anagrafe della Popolazione Residente).
Invece, la domanda viene posta in stato di “evidenza” quando, a seguito dei controlli automatizzati dell’Agenzia delle Entrate, risultino omissioni e/o difformità nella D.S.U. (ossia, la Dichiarazione Sostitutiva Unica) ai fini ISEE.
In questi casi, che cosa succede?
In entrambe le ipotesi, le domande hanno bisogno di ulteriori accertamenti da parte delle sedi territoriali competenti.
Se la domanda è sospesa perché ci sono discordanze tra il nucleo familiare dichiarato in D.S.U. e quello risultante nell’ANPR, è necessario controllare la veridicità del nucleo, verificando la correttezza dei dati della D.S.U. Sarà la competente sede INPS a dovere effettuare questo accertamento.
Alla fine delle verifiche, potrà esserci la conferma della discordanza sul sistema ISEE (e, quindi, ci sarà il rigetto della domanda ADI) oppure l’annullamento della sospensione (e il completamento favorevole dell’istruttoria). A tal riguardo, l’annullamento della sospensione può esserci anche quando, nonostante la discordanza con l’ANPR, risulti la veridicità del nucleo ai fini ISEE.
Inoltre, la sospensione non è un limbo senza fine. Infatti, dopo 60 giorni dall’inizio della sospensione, le richieste da controllare saranno automaticamente elaborate, in mancanza di conferma della discordanza.
Invece, nel caso di domanda in evidenza, l’INPS invierà una comunicazione all’interessato, con la quale gli richiederà di intervenire entro 60 giorni: il richiedente potrà presentare documenti che dimostrino la completezza e veridicità dei dati della D.S.U. o inviare una nuova D.S.U. o, ancora, provvedere alla correzione della D.S.U.
Se l’interessato presenta documenti idonei entro i 60 giorni, la domanda viene “sbloccata”. Al contrario, se il soggetto non presenta documenti oppure presenta documenti non idonei, allora la domanda andrà incontro a rigetto.
Per ottenere questo sussidio, occorre presentare la domanda all’INPS, registrarsi sulla piattaforma Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL) e sottoscrivere il patto di attivazione digitale del nucleo familiare (PAD). Inoltre, il richiedente deve possedere i requisiti previsti dalla normativa. Chiaramente, se questi requisiti non ci sono, la domanda viene rigettata.
Cosa si può fare se la domanda per l’ADI viene respinta?
È l’INPS a rispondere con una recente comunicazione (messaggio n. 684 del 14 febbraio 2024). Ci sono due possibili strade.
Innanzitutto, l’interessato può presentare una richiesta motivata di riesame. Tale richiesta deve essere proposta alla sede INPS territorialmente competente entro trenta giorni dalla data della comunicazione del rifiuto della domanda.
In particolare, sarà possibile inviare la richiesta di riesame della domanda per l’ADI rigettata dal prossimo 27 febbraio 2024. Infatti, accedendo al sito dell’INPS con le proprie credenziali (tramite SPID, CIE o CNS), si può tenere sotto controllo la procedura per l’ADI, consultando lo stato e l’esito della domanda. Quindi, nel caso in cui la domanda venga respinta, sarà possibile capire le cause del rigetto proprio dal portale istituzionale dell’INPS. Però, il dettaglio delle motivazioni di rigetto sarà disponibile soltanto a partire dal 27 febbraio 2024.
Tuttavia, come detto, questa non è l’unica soluzione. Infatti, contro il rigetto della domanda per l’Adi, è anche possibile presentare ricorso giudiziario.
Peraltro, non sempre tutto è bianco o è nero. Ci sono anche delle zone grigie. Infatti, potrebbe anche accadere che la domanda ADI non sia stata respinta, ma venga a trovarsi in una situazione di sospensione per accertamento o di evidenza.
La domanda viene sospesa quando l’INPS deve fare altri controlli, ad esempio per verificare se l’interessato ha i requisiti di residenza o per verificare le discordanze tra l’ISEE e i dati dell’ANPR (Anagrafe della Popolazione Residente).
Invece, la domanda viene posta in stato di “evidenza” quando, a seguito dei controlli automatizzati dell’Agenzia delle Entrate, risultino omissioni e/o difformità nella D.S.U. (ossia, la Dichiarazione Sostitutiva Unica) ai fini ISEE.
In questi casi, che cosa succede?
In entrambe le ipotesi, le domande hanno bisogno di ulteriori accertamenti da parte delle sedi territoriali competenti.
Se la domanda è sospesa perché ci sono discordanze tra il nucleo familiare dichiarato in D.S.U. e quello risultante nell’ANPR, è necessario controllare la veridicità del nucleo, verificando la correttezza dei dati della D.S.U. Sarà la competente sede INPS a dovere effettuare questo accertamento.
Alla fine delle verifiche, potrà esserci la conferma della discordanza sul sistema ISEE (e, quindi, ci sarà il rigetto della domanda ADI) oppure l’annullamento della sospensione (e il completamento favorevole dell’istruttoria). A tal riguardo, l’annullamento della sospensione può esserci anche quando, nonostante la discordanza con l’ANPR, risulti la veridicità del nucleo ai fini ISEE.
Inoltre, la sospensione non è un limbo senza fine. Infatti, dopo 60 giorni dall’inizio della sospensione, le richieste da controllare saranno automaticamente elaborate, in mancanza di conferma della discordanza.
Invece, nel caso di domanda in evidenza, l’INPS invierà una comunicazione all’interessato, con la quale gli richiederà di intervenire entro 60 giorni: il richiedente potrà presentare documenti che dimostrino la completezza e veridicità dei dati della D.S.U. o inviare una nuova D.S.U. o, ancora, provvedere alla correzione della D.S.U.
Se l’interessato presenta documenti idonei entro i 60 giorni, la domanda viene “sbloccata”. Al contrario, se il soggetto non presenta documenti oppure presenta documenti non idonei, allora la domanda andrà incontro a rigetto.