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Patologie invalidanti, anche la depressione dà accesso alle categorie protette, ma solo ad alcune condizioni: ecco quali

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Patologie invalidanti, anche la depressione dà accesso alle categorie protette, ma solo ad alcune condizioni: ecco quali
La normativa precisa quando e a quali condizioni è possibile rientrare nelle categorie protette se si soffre di depressione
La depressione è una patologia che porta con sé molti aspetti invalidanti e, nelle ipotesi più gravi, può rendere impossibile o molto complicato lavorare.

È un argomento che interessa un gran numero di persone. In Italia, più di due milioni di persone soffrono di depressione. Quindi, è importante chiedersi se chi ne è affetto possa rientrare nelle cc.dd. categorie protette: ossia, quelle categorie di soggetti che godono di una particolare tutela al fine di aiutarne l’accesso nel mondo del lavoro.

Quando può esserci una tutela per chi è affetto da depressione?

La normativa (la L. n. 68/1999) stabilisce che i lavoratori, con particolari condizioni psico-fisiche, siano posti nell’occupazione a loro più conforme.

La depressione, nelle forme più gravi, diventa una malattia invalidante che pregiudica la salute psichica e fisica. Infatti, spesso, i sintomi psicologici sono affiancati da segnali fisici come, ad esempio, dolori muscolari e articolari, disturbi del sonno o forti mal di testa. Una situazione che finisce per colpire anche la sfera familiare, sociale e lavorativa del soggetto.

Se si soffre di depressione, quando è possibile rientrare nelle categorie protette?

Secondo la L. n. 68/1999, nelle categorie protette rientrano i seguenti soggetti:
  • le persone in età lavorativa con un’invalidità civile superiore al 45%;
  • le persone invalide del lavoro con invalidità superiore al 33%;
  • le persone sordomute (L. n. 381/1970 e ss.mm.) e le persone non vedenti (L. n. 382/1970 e ss.mm.);
  • gli invalidi di guerra, nonché gli invalidi civili di guerra e gli invalidi per servizio con menomazioni annesse alle tabelle previste dal Testo Unico in materia di pensione di guerra (d.p.r. n. 915/1978);
  • ancora, una quota di riserva sul numero dei dipendenti è riconosciuta per chi, pur non avendo menomazioni psico-fisiche, si trova in condizioni di svantaggio o disagio sociale come, ad esempio, coniugi superstiti e orfani di chi è morto per causa di lavoro, di guerra o di servizio oppure vittime della criminalità organizzata.

Ci sono casi in cui la depressione può determinare il riconoscimento dell’invalidità civile. Infatti, la normativa (la tabella ministeriale del 5 febbraio 1992) ricomprende la depressione tra le patologie invalidanti.

Quindi, chi soffre di depressione può accedere alle categorie protette, ma prima occorre ottenere un documento che attesti l’invalidità.

Per iniziare il processo di accertamento dell’invalidità civile, bisogna andare dal proprio medico per il rilascio del certificato medico che deve indicare l’esatta natura delle patologie invalidanti e la diagnosi.

Dopo aver ricevuto il certificato medico, sarà possibile presentare la domanda all’INPS e, successivamente, un’apposita Commissione medica dell’ASL competente procederà agli accertamenti medici e clinici.

In base alla gravità della patologia, la Commissione attribuisce una percentuale di invalidità:
  • dal 33% al 66% si parla di invalidità civile lieve;
  • dal 67% al 99% si ha un’invalidità civile medio-grave;
  • con il 100% di invalidità si parla di non autosufficienza.

Però, quando la depressione può essere qualificata come patologia invalidante?

La normativa (sempre le tabelle ministeriali) prevede una diversa percentuale di invalidità in base alla gravità della patologia depressiva:
  • per la sindrome depressiva endoreattiva, è riconosciuta un’invalidità del 10% per lieve patologia, un’invalidità del 25% nel caso di entità media e un’invalidità dal 31% al 40% per sindrome grave;
  • per la sindrome depressiva endogena, è prevista un’invalidità del 30% per patologia lieve, un’invalidità dal 41% al 50% per media entità e un’invalidità dal 71 all’80% in caso di gravità;
  • per la nevrosi fobico ossessiva, è riconosciuta un’invalidità del 15% per patologia lieve e un’invalidità dal 41% al 50% nell’ipotesi di gravità;
  • per la nevrosi fobico ossessiva e/o ipocondriaca di media gravità, è stabilita un’invalidità dal 21% al 30%;
  • nel caso di nevrosi ansiosa, è riconosciuta un’invalidità del 15%;
  • per la psicosi ossessiva, è prevista un’invalidità dal 71% all’80%.

Quando è riconosciuta un’invalidità superiore al 45%, se l’interessato ha un’età tra i 15 e i 65 anni, è disoccupato e non ha raggiunto l’età del pensionamento, egli può rivolgersi al centro per l’impiego della propria Provincia e iscriversi alle categorie protette, per godere della particolare tutela prevista dalla legge.


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