Se si ha la pressione bassa, è possibile assentarsi dal lavoro e restare a casa in malattia?
Si parla di pressione bassa (ipotensione) quando la pressione sanguigna scende al di sotto dei normali livelli: cioè la massima scende sotto i 90 mmHg e la minima sotto i 60 mmHg. Questa condizione può determinare sintomi come affaticamento, confusione, nausea, svenimenti, vertigini e visione offuscata.
Si tratta di uno stato di salute che rende davvero complesso lo svolgimento delle normali attività di tutti i giorni, compreso lavorare.
Peraltro, come appena detto, l’estate può aggravare questa situazione. Infatti, le alte temperature possono comportare una dilatazione dei vasi sanguigni, abbassando ancora di più la pressione. Quindi i sintomi potrebbero addirittura peggiorare.
Dunque è possibile assentarsi per la pressione bassa a causa del caldo?
In generale, con “malattia” ci si riferisce a uno stato patologico che determina un’incapacità lavorativa temporanea. In questo concetto rientrano anche quelle situazioni che non si collegano direttamente all’alterazione psicofisica del lavoratore (ad esempio, si pensi al caso in cui il dipendente abbia necessità di particolari terapie o, ancora, ai periodi di convalescenza).
La legge e la contrattazione collettiva tutelano il lavoratore che si assenta per malattia. La tutela è prevista sia dal punto di vista della conservazione del posto di lavoro (c.d. periodo di comporto), sia dal punto di vista economico.
Infatti il nostro sistema stabilisce che, pur in mancanza di un’effettiva prestazione lavorativa, il lavoratore assente per malattia abbia comunque il diritto a percepire una retribuzione o una indennità economica.
La pressione bassa, aggravata dal forte caldo, può rientrare in questo concetto?
La risposta è sì, ma soltanto se viene certificata dal medico: cioè il medico deve arrivare a ritenere che la condizione sia abbastanza grave da rendere impossibile, per il dipendente, l’attività lavorativa.
Quindi, alle condizioni appena viste, il lavoratore può assentarsi e la normativa gli garantisce sia la conservazione del posto di lavoro, sia un trattamento economico.
Però occorre fare attenzione. Infatti la tutela del lavoratore in malattia è subordinata a una serie di obblighi e di adempimenti da parte del dipendente.
Innanzitutto, il lavoratore ammalato ha il dovere di avvisare il datore.
In secondo luogo, il dipendente ha l’obbligo di certificare lo stato di malattia e di trasmettere – con le modalità e le tempistiche previste dalla normativa – il certificato medico al datore.
Infine, tra gli adempimenti del lavoratore, c’è anche l’obbligo di reperibilità durante la malattia: cioè, nel corso del periodo di malattia, il dipendente ha il dovere di farsi trovare presso il domicilio che ha comunicato per l’eventuale visita del medico fiscale.
Quando si parla di visita fiscale, si fa riferimento al controllo che, in caso di malattia del lavoratore, un medico incaricato dall’INPS fa presso l’indirizzo abituale o il domicilio indicato nel certificato medico trasmesso all’INPS, d’ufficio o su richiesta del datore.
Il lavoratore assente per malattia è obbligato a rimanere in casa in determinati momenti della giornata e, proprio per consentire la visita fiscale, il dipendente ha l’obbligo di rendersi reperibile in specifiche fasce orarie: le cc.dd. fasce di reperibilità.
Nello specifico, il lavoratore ha l’obbligo di reperibilità per tutti i giorni riportati nella certificazione di malattia (compresi sabato, domenica e festivi), dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19.
Si tratta di adempimenti da rispettare necessariamente se non si vuole dire addio alle tutele garantite dal nostro ordinamento.