Che cosa ha stabilito il Consiglio di Stato?
In generale, il comma 5 dell’art. 33 della legge 104 stabilisce che il lavoratore dipendente pubblico o privato – il quale assiste un familiare con disabilità grave a norma del comma 3 dell’art. 3 della legge 104 – ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere.
Quali sono le ragioni della decisione del Consiglio di Stato?
La vicenda sottoposta all’attenzione del Consiglio di Stato prende avvio da una richiesta di un dipendente pubblico – un vigile del fuoco – volta a ottenere l’assegnazione temporanea a una sede d’impiego diversa, per assistere la moglie affetta da disabilità grave.
Il Ministero dell’Interno respingeva la richiesta, tenendo soltanto conto delle esigenze organizzative.
Il vigile del fuoco impugnava il provvedimento di diniego con ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale di Trieste, ma tale ricorso veniva respinto. Infatti, il TAR riteneva fondate le esigenze dell’Amministrazione indicate nell’atto impugnato.
Contro la pronuncia del TAR, il dipendente proponeva appello al Consiglio di Stato, evidenziando la mancata concreta e puntuale verifica – da parte del TAR – sulla compatibilità dello spostamento temporaneo del lavoratore con le esigenze di servizio.
Dunque, qual è stata la decisione del Consiglio di Stato?
Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di primo grado e annullato l’atto con esso impugnato.
Nello specifico, come sottolineato dal Consiglio di Stato stesso, nell’ambito dei rapporti di lavoro pubblico non privatizzati, la normativa (art. 33, comma 5 della Legge 104) comporta un bilanciamento complessivo tra l’interesse del privato e gli interessi pubblici nell’esercizio del potere discrezionale da parte dell’Amministrazione.
D’altronde, questa tipologia di trasferimento viene disposta a vantaggio del disabile e non nell’interesse esclusivo dell’Amministrazione o del richiedente.
Da tale bilanciamento deriva che la pretesa del lavoratore può essere accolta qualora risulti compatibile con le esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro e qualora sussista la disponibilità, nella sede di destinazione, del posto in ruolo al fine del proficuo utilizzo del dipendente che richiede il trasferimento.
Sul punto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato sostiene che il beneficio previsto dall’art. 33, comma 5 della Legge 104 incontra un solo limite: l’Amministrazione può negare il trasferimento esclusivamente se ne conseguano effettive e ben individuate criticità per l’Amministrazione stessa.
Però l’Amministrazione ha il dovere di indicare in modo compiuto tali criticità.
Di conseguenza, sebbene la normativa si limiti a stabilire una valutazione con criterio di priorità (e non un diritto soggettivo del dipendente al trasferimento), l’Amministrazione è tenuta a motivare in modo solido e compiuto un eventuale diniego.
In altre parole, se l’Amministrazione vuole respingere la richiesta di trasferimento ai sensi dell’art. 33 della Legge 104, non è sufficiente richiamare genericamente dati organizzativi (ad esempio, generiche carenze di organico o generiche necessità di servizio da fronteggiare), ma è necessario dare conto delle ragioni effettive di criticità che il trasferimento del dipendente porrebbe.
In conclusione, occorre una congrua motivazione da cui deve risultare una verifica accurata delle esigenze funzionali: ossia occorre un’indicazione concreta di elementi che impediscono il trasferimento, riferiti alla sede di servizio in atto, anche rispetto alla sede di servizio richiesta.