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Trasferimento per assistere un famigliare disabile: se il famigliare muore, il trasferimento può essere revocato

Lavoro - -
Trasferimento per assistere un famigliare disabile: se il famigliare muore, il trasferimento può essere revocato
Il trasferimento disposto per consentire al lavoratore di assistere un famigliare disabile è subordinato ad un presupposto di fatto esterno ed estraneo all’ambito lavorativo, la cui perdurante presenza è condizione per la sua perdurante efficacia.
Se un impiegato pubblico viene trasferito presso un’altra sede lavorativa al fine di consentirgli di assistere un famigliare disabile e tale famigliare, successivamente, muore, il datore di lavoro deve revocare il trasferimento in questione?

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4671 del 9 ottobre 2017, si è occupato proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, un agente di polizia penitenziaria aveva impugnato, davanti al TAR Puglia, la nota del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria con cui era stato revocato il suo trasferimento di sede lavorativa, a suo tempo disposto, ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992.

Nello specifico, il trasferimento era stato disposto per consentire all’agente di assistere un famigliare disabile ed era stato revocato a seguito dell’intervenuto decesso del famigliare stesso.

Il TAR, pronunciatosi in primo grado, aveva accolto l’impugnazione proposta dall’agente, con la conseguenza che l’amministrazione penitenziaria aveva deciso di rivolgersi al Consiglio di Stato.

Evidenziava l’amministrazione, infatti, che il trasferimento era stato, a suo tempo, disposto affinchè l’agente potesse assistere il padre e che tale trasferimento “non poteva che essere revocato all’indomani del decesso del congiunto assistito”.

Precisava l’amministrazione, inoltre, che la casa circondariale presso cui l’agente era stato trasferito era in esubero di personale.

Il Consiglio di Stato riteneva, in effetti, di dover dar ragione all’amministrazione penitenziaria ricorrente, accogliendo il relativo appello, in quanto fondato.

Osservava il Consiglio di Stato, in proposito, che il trasferimento ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 “è disposto a vantaggio e nell’interesse esclusivo non dell’Amministrazione ovvero del richiedente, ma del disabile”.

Si tratta, dunque, di un trasferimento di natura strumentale e “intimamente connesso con la persona dell’assistito”.

Di conseguenza, secondo il Consiglio, tale trasferimento non è definitivo ma “subordinato ad un presupposto di fatto esterno ed estraneo all’ambito lavorativo, la cui perdurante presenza è condizione non solo per l’iniziale disposizione del trasferimento, ma anche per la sua perdurante efficacia”.

Secondo il Consiglio di Stato, dunque, il decesso del disabile fa venir meno la ragione per cui il trasferimento è stato disposto, con la conseguenza che, in tal caso, l’amministrazione è tenuta a revocare il provvedimento di trasferimento stesso.

A maggior ragione, secondo il Consiglio di Stato, il trasferimento, nel caso di specie, era stato, del tutto legittimamente revocato, dal momento che l’amministrazione penitenziaria aveva documentato “la ricorrenza di una situazione di esubero di personale” presso la casa circondariale in cui l’agente era stato trasferito.

Alla luce di tali considerazioni, il Consiglio di Stato accoglieva l’appello proposto dall’amministrazione penitenziaria e, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava l’impugnazione del provvedimento di revoca del trasferimento, proposta dall’agente di polizia.


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