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Lavoratore dipendente, non puoi essere licenziato (o quasi) con un contratto a tempo determinato: ecco cosa devi sapere

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Lavoratore dipendente, non puoi essere licenziato (o quasi) con un contratto a tempo determinato: ecco cosa devi sapere
Le condizioni di licenziamento di un lavoratore a tempo determinato sono differenti da quelle previste per il rapporto a tempo indeterminato. Analizziamole insieme
Il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato nel quale è prevista una durata predeterminata, mediante l'apposizione di un termine. Poiché nel nostro ordinamento la forma ordinaria del rapporto di lavoro subordinato resta il contratto a tempo indeterminato, l'apposizione di un termine - sebbene consentita - è subordinata dal legislatore al rispetto di determinate condizioni.

In primo luogo, l'apposizione del termine è priva di effetto, se non risulta da atto scritto, fatta eccezione per i rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni.
In secondo luogo, la durata massima del contratto a tempo determinato è, attualmente, fissata in 12 mesi, con possibilità di estensione a 24 mesi, ma solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni (art. 19):
  • nei casi previsti dai contratti collettivi;
  • per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
  • in sostituzione di altri lavoratori.

Il contratto a termine, quindi, in assenza delle predette condizioni, non può avere una durata superiore a 24 mesi; diversamente si converte in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi.

Quale il regime di licenziamento?

Il lavoratore assunto a tempo determinato non può essere licenziato prima della scadenza del termine se non per giusta causa, vale a dire per un fatto talmente grave da non consentire la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro. Non è possibile, in altre parole, il licenziamento per giustificato motivo, sia soggettivo (scarso rendimento) che oggettivo (ad esempio per riduzione o crisi dell'attività dell'impresa).

Il licenziamento intimato senza giusta causa prima della scadenza del termine comporta il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, pari a tutte le retribuzioni che sarebbero spettate al lavoratore fino alla scadenza inizialmente prevista, dedotto quanto eventualmente percepito dal dipendente lavorando presso un altro datore di lavoro nel periodo considerato.


Nei contratti a tempo determinato, il datore di lavoro può, quindi, licenziare il lavoratore solo per giusta causa (cfr. art. 2119 del c.c.), ovvero:
  • per motivi che rendono impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro;
  • per motivi disciplinari (basti pensare ad episodi di furto, aggressione fisica nei confronti di altri dipendenti, uso improprio dei permessi ex art. art. 33 della legge 104, oppure assenza ingiustificata o, ancora, insubordinazione).
In entrambi i casi non è necessario alcun preavviso da parte del datore di lavoro.


Per quanto riguarda, invece, le dimissioni nel contratto a tempo determinato, anch'esse devono avvenire per il medesimo motivo e la giusta causa include:
  • il mancato pagamento della retribuzione;
  • le discriminazioni razziali, sessuali, etc. documentate e dimostrabili;
  • casi di mobbing;
  • l'utilizzo del dipendente oltre l'orario di lavoro;
  • il mancato rispetto delle norme antinfortunistiche;
  • le molestie sessuali.
Quando il lavoratore rassegna le sue dimissioni per giusta causa, ha diritto al risarcimento dei danni che corrispondono solitamente agli stipendi che il lavoratore avrebbe percepito fino al termine del contratto qualora non si fosse dimesso.


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