Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Venezia aveva condannato il Ministero della Difesa al pagamento, in favore di un dipendente (militare), della somma di Euro 3.500,00, oltre a quella già liquidata dal giudice di primo grado. Nel risarcimento, tuttavia, si escludeva la voce di "danno esistenziale". Infatti, a seguito del recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, per il caso in esame, non poteva più essere riconosciuto il danno esistenziale ai fini della quantificazione del risarcimento per tutti i danni subiti dal militare, precipitato da un'altezza di circa 4 metri in conseguenza del crollo del parapetto di una piattaforma radar alla quale era appoggiato.
Avverso tale sentenza il danneggiato proponeva ricorso per Cassazione, per l'asserita violazione dell'art. 1223 del c.c., art. 1226 del c.c., art. 2043 del c.c., art. 2056 del c.c. e art. 2059 del c.c. (in tema di risarcimento del danno da fatto illecito).
Il ricorrente evidenziava, in particolare, come la Corte d’appello avesse errato nel non liquidare il danno esistenziale.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, accogliendo il relativo ricorso.
Secondo la Corte “in ossequio al principio dell'integralità del ristoro (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972)”, tutti tali aspetti debbano essere risarciti, a condizione che gli stessi siano “sussistenti e provati”.
Evidenzia la Cassazione, in particolare, come “gli aspetti o voci di danno non patrimoniale non rientranti nell'ambito del danno biologico, in quanto non conseguenti a lesione psico-fisica, ben possono essere definiti come esistenziali, attenendo alla sfera relazionale della persona, autonomamente e specificamente configurabile allorquando la sofferenza e il dolore non rimangano più allo stato intimo ma evolvano, seppure non in "degenerazioni patologiche" integranti il danno biologico, in pregiudizi concernenti aspetti relazionali della vita (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2006, n. 26972)”.
Ebbene, nel caso di specie, la Corte d’appello sbagliava nel ritenere non risarcibile il danno esistenziale, non potendosi condividere l’affermazione secondo cui devono “essere escluse le voci concernenti il richiesto ristoro del c.d. danno esistenziale (non più riconoscibile a seguito del recente orientamento della giurisprudenza di legittimità S.U. 26972/08)”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione annullava la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.