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Danni all’immobile locato: risarcibile il pregiudizio per la mancata disponibilità della cosa

Danni all’immobile locato: risarcibile il pregiudizio per la mancata disponibilità della cosa
Il conduttore che danneggia l’immobile condotto in locazione è tenuto non solo a rimborsare le spese necessarie per la riparazione, ma anche a risarcire il mancato reddito al locatore.
Con l’ordinanza n. 6596/2019, la Terza Sezione Civile della Cassazione è tornata a riaffermare principi consolidati in materia di risarcimento del danno causato da inadempimento del conduttore.
In particolare, si trattava in questo caso di stabilire le conseguenze derivanti dalla violazione dell’art. 1590 del c.c., che impone al conduttore di restituire la cosa al locatore nel medesimo stato in cui l'ha ricevuta, in conformità alla descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto.
La vicenda processuale trae origine dall’azione proposta da alcuni soggetti, in qualità di eredi di una locatrice, in relazione ad un immobile che era stato locato a un Ente pubblico (nella fattispecie, Amministrazione provinciale).
Gli attori avevano innanzitutto proposto un accertamento tecnico preventivo con funzione conciliativa ex art. 696 bis del c.p.c., all’esito del quale era emersa l'esistenza di gravi danni all'immobile, arrecati dall'Amministrazione provinciale nel corso della locazione.
Nel giudizio di merito successivamente introdotto, gli attori avevano chiesto la condanna della provincia al risarcimento dei danni, oltre ad un’indennità per il mancato utilizzo dei locali durante il tempo che sarebbe stato necessario per l'esecuzione dei lavori.
La domanda risarcitoria era stata accolta dal Tribunale, ma la sentenza di primo grado venne impugnata dalla Provincia (e, in via incidentale, dagli eredi della locatrice).
La Corte d'Appello, in parziale accoglimento dell’appello principale, stabilì che nessun risarcimento o indennità spettasse agli attori a titolo di ristoro della mancata possibilità di locare l'immobile a terzi durante il tempo occorrente per il restauro. Ciò sul presupposto che essi non avevano dimostrato che, nell’ipotesi in cui l’immobile fosse stato riconsegnato nelle condizioni dovute, la proprietaria avrebbe potuto immediatamente stipulare un nuovo contratto di locazione.
Secondo la Corte d'appello, infatti, gli eredi della locatrice avrebbero avuto l'onere di provare di aver perduto i frutti ricavabili dalla locazione dell’immobile durante il tempo necessario per il suo restauro.
La Cassazione, invece, ha accolto il ricorso proposto dagli eredi, ritenendo fondato il motivo di ricorso relativo alla violazione dell’art. 1590 c.c.
In proposito, la Corte richiama il proprio pacifico orientamento, secondo cui "qualora, in violazione dell'art. 1590 c.c., al momento della riconsegna l'immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l'obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l'esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest'ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto - da parte di terzi - richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori".
Precisamente, secondo il Supremo Collegio, occorre fare riferimento al principio di cui all’art. 1591 del c.c., riguardante i danni per ritardata restituzione della cosa locata: “il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno”.
In sostanza, l’impossibilità del locatore di disporre della cosa per fatto imputabile al conduttore (nel nostro caso, a causa della necessità di riparare i danni provocati durante la locazione) viene equiparata all’ipotesi di tardiva riconsegna della cosa locata.
Ne consegue il diritto del locatore di percepire "il corrispettivo convenuto", nonché eventuali danni ulteriori di cui venga dimostrata l’esistenza.
Viene quindi ribadito il principio, costante nella giurisprudenza della Cassazione, per cui il locatore, in caso di anormale usura dell'immobile, ha diritto al risarcimento del danno, consistente sia nella somma di denaro occorrente per l'esecuzione delle riparazioni imposte dai danni all'immobile provocati dal conduttore, sia nel mancato reddito ritraibile dalla cosa nel periodo di tempo necessario per l'esecuzione dei lavori di riparazione.
Infine, l’ordinanza in commento precisa che il risarcimento dovuto al locatore in conseguenza della mancata disponibilità del bene durante il periodo occorrente per il restauro non costituisce un danno “in re ipsa”, cioè insito nella natura stessa del fatto dannoso (così da non richiedere prova). Infatti, come precisato in precedenza, l’indisponibilità dell'immobile causata dalla necessità di eseguire il predetto restauro viene appunto equiparata “quoad effectum”, cioè ai fini dei suoi effetti, alla ritardata restituzione dell'immobile di cui all’art. 1591 c.c., con conseguente applicazione di tale ultima norma.


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