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Alcoltest o manifestazioni eclatanti di ebbrezza

Alcoltest o manifestazioni eclatanti di ebbrezza
Nel caso di guida in stato di ebbrezza se non viene effettuato l'etilometro (o alcoltest) ai fini della condanna è necessario dimostrare la sussistenza di "manifestazioni eclatanti di ebbrezza".
E’ del 14 giugno 2016 una nuova pronuncia della Corte di Cassazione sul sempre discusso argomento della “guida in stato di ebbrezza”, di cui all’art. 186 Codice della Strada.

Nel caso esaminato dalla Corte, la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza del Giudice per le Indagini Preliminari che aveva condannato l'imputato per il reato in questione.

Il condannato, ritenendo la sentenza ingiusta, decideva, quindi, di proporre ricorso in Cassazione, rilevando come “il tasso alcoolemico non era stato accertato con la strumentazione prevista dalla legge, ma era stato rilevato ipoteticamente sulla base del fatto che non era riuscito ad insufflare un quantitativo d'aria sufficiente ai fini della riuscita del test alcoolimetrico”.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, accogliendo il relativo ricorso.

Osserva la Corte, infatti, come la normativa vigente consenta di accertare l’esistenza dello stato di ebbrezza “in base ai sintomi rilevati e che “ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 186 C.d.S., lo stato di ebbrezza del conducente dei veicolo può essere accertato e provato con qualsiasi mezzo, e non necessariamente ne' unicamente attraverso la strumentazione e la procedura indicate” dal Codice della Strada.

Infatti, “per il principio del libero convincimento, per l'assenza di prove legali e per la necessità che la prova non dipenda dalla discrezionale volontà della parte interessata, il giudice può desumere lo stato di alterazione psicofisica, derivante dall'influenza dell'alcool, da qualsiasi elemento sintomatico dell'ebbrezza o dell'ubriachezza (tra cui l'ammissione dei conducente, l'alterazione della deambulazione, la difficoltà del movimento, l'eloquio sconnesso, l'alito vinoso, ecc.); così come può anche disattendere l'esito fornito dall’etilometro, sempreché dei suo convincimento fornisca una motivazione logica ed esauriente”.

In proposito, peraltro, la stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28787 del 9 giugno 2011, ha già avuto modo di precisare che “poiché l'esame alcolemico non costituisce una prova legale e permane nell'ordinamento la possibilità di accertare lo stato di ebbrezza in base ad elementi sintomatici - tutte le ipotesi di cui all'art. 186 possano essere provate in tal modo”.

Di conseguenza, secondo la Cassazione, i giudici dei precedenti gradi di giudizio non avevano dato corretta applicazione di tali principi, dal momento che la Corte d’Appello aveva confermato la sanzione sulla base del solo fatto che il conducente avesse “alito fortemente vinoso, andatura incerta con difficoltà di equilibrio, linguaggio sconnesso, occhi lucidi”, semplicemente osservando che “proprio lo spiccato effluvio alcolico e l'incedere barcollante paiono incompatibili con la modesta quantità di vino ingerita nella misura asserita dall'interessato, ovvero tre o quattro bicchieri di vino, e comprovano invece uno stato di intossicazione alcolica non eccessivo, ma certo inquadrabile nella fattispecie della contravvenzione a lui contestata”.

Il Giudice di secondo grado, tuttavia, non aveva considerato che la sola valutazione sintomatica permette l'attribuzione della responsabilità penale soltanto nel caso (che con motivazione illogica è stato ritenuto ricorrente nella specie) di manifestazioni eclatanti di ebbrezza, idonee a far ritenere superate, con adeguata motivazione, la soglia di rilevanza penale dei tasso alcol emico”.

Nel caso di specie, invece, non essendo state ravvisate “manifestazioni eclatanti di ebbrezza”, la condanna non poteva considerarsi legittima.

Di conseguenza, la Cassazione procedeva con l’annullamento della sentenza di secondo grado, accogliendo il ricorso presentato dal conducente-condannato.


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