Il reato di lesioni colpose è commesso da chi cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale. Si tratta di reato di danno che si consuma nel momento in cui si verifica la lesione personale colposa, ovvero la malattia nel corpo e nella mente, cagionata ad altri con una condotta, da parte dell’agente, inosservante delle regole cautelari. Viene integrato dalla mera inosservanza delle norme di prudenza e di diligenza a causa della quale resti provato l’evento dannoso. Nel caso di specie vi è l’aggravante del mancato rispetto delle norme del Codice della strada.
Nello specifico la donna viene accusata di aver aperto lo sportello posteriore dell’auto parcheggiata senza prima ispezionare il marciapiede e dunque senza accorgersi del sopraggiungere di un pedone, che viene colpito dalla porta.
Il ricorso in Cassazione muove dalle doglianze proposte dall’imputata che accusa la persona offesa di essere stata lei ad aver causato l’incidente. Secondo la donna, l’uomo camminava distratto dal cane che portava al guinzaglio e proprio questa distrazione aveva portato il pedone a sbattere contro la portiera. Secondo la donna inoltre, le testimonianze di coloro che erano sul posto confermano la sua versione dei fatti. Il ricorso muove da una sentenza di secondo grado che, a fronte di lesioni guaribili in 5 giorni, condanna la donne al pagamento di una somma pari a 500 euro, ovvero la multa prevista al minimo edittale.
Secondo gli Ermellini, sia le testimonianze che il referto ospedaliero fanno emergere chiaramente la responsabilità della donna, che era scesa dall’auto per fumare una sigaretta. Nell’atto di aprire lo sportello posteriore, ella non aveva ispezionato la strada con la dovuta diligenza, altrimenti si sarebbe accorta del sopraggiungere dell’uomo e avrebbe evitato l’evento lesivo.
La Cassazione condanna la ricorrente a 3.000 euro di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende e il pagamento delle spese processuali, versando in colpa in ragione della inammissibilità del ricorso.