Nel caso esaminato dalla Cassazione, una famiglia (genitori e figlio) aveva agito in giudizio nei confronti del Comune, al fine di veder accertata la responsabilità di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 2051 c.c. (responsabilità da cosa in custodia), nella causazione di un grave incidente stradale in cui era rimasto coinvolto il figlio.
Nello specifico, il figlio, mentre stava percorrendo una strada comunale in moto, a causa di un “solco nell'asfalto non segnalato”, nonché della presenza “di terriccio fangoso non rimosso”, aveva perso il controllo del mezzo ed era stato “sbalzato e scagliato contro il guard rail posizionato sul lato opposto della carreggiata”, che non era ben fissato e che aveva provocato al conducente della moto “l'amputazione netta di un braccio”.
Il Tribunale di Brescia, pronunciatosi in primo grado, aveva dichiarato la responsabilità del Comune nella causazione dell’incidente, condannandolo al risarcimento dei danni in favore del giovane e dei genitori.
La Corte d’appello di Brescia, tuttavia, aveva ribaltato la sentenza di primo grado, rigettando integralmente le richieste risarcitorie avanzate dalla famiglia.
Secondo la Corte d’appello, in particolare, il Comune non poteva essere ritenuto responsabile del sinistro, non essendo stato dimostrato il “rapporto causale tra la presenza di eventuali alterazioni sul manto stradale e la caduta del motociclista”.
Secondo la Corte d’appello, inoltre, era da escludersi che il pezzo di guard rail difettoso avesse inciso “in ordine alla particolare gravità del danno subito dal ragazzo”.
Ritenendo la decisione ingiusta, il danneggiato e i genitori avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Osservavano i ricorrenti, in proposito, che la Corte d’appello avrebbe erroneamente posto alla base della propria decisione la testimonianza resa da una teste ai pubblici ufficiali giunti sul luogo del sinistro subito dopo posto l'incidente, dal momento che tale deposizione conteneva solo “una mera impressione della teste relativa alla velocità della moto, che l'aveva superato poco prima del verificarsi dell'incidente”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione ai ricorrenti, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Precisava la Cassazione, infatti, che la Corte d’appello aveva, del tutto adeguatamente, motivato la propria decisione, fondando la stessa, non solo sulla testimonianza in questione, ma anche sulla consulenza tecnica effettuata in corso di causa, che aveva “ricostruito, sulla base dei rilievi obiettivi a disposizione, la velocità della moto al momento dell'incidente (fissandola in circa 90 km all'ora, velocità in quel punto consentita, ma nondimeno ritenuta elevata)”.
Precisava la Cassazione, inoltre, che la Corte d’appello aveva evidenziato come non fosse stato possibile “ricostruire con certezza la dinamica del sinistro”, al quale non avevano assistito testimoni.
Di conseguenza, secondo la Cassazione, il giudice di secondo grado aveva correttamente escluso la presenza di una prova che il conducente della moto avesse “perso il controllo del mezzo per la presenza di un solco sull'asfalto”, il quale, peraltro, era stato stimato essere “di modesta entità’”.
La Cassazione riteneva di dover dar ragione ai ricorrenti solo con riferimento all’aggravamento del danno riportato dal ragazzo per l'urto contro il guard rail, che non era risultato adeguatamente posizionato.
Osservava la Cassazione, infatti, che la Corte d’appello aveva ammesso che “parte delle conseguenze dell'incidente, ed in particolare una delle più gravi, ovvero l'amputazione di netto del braccio destro riportata dalla vittima”, fosse stata “causata dall'impatto contro la base tagliente del guard rail, in posizione anomala, ovvero girata verso l'interno della strada” ma aveva ritenuto tale circostanza irrilevante, “avendo escluso il nesso causale tra la condizione della strada e il verificarsi dell'incidente”.
Ebbene, sul punto, la Cassazione precisava che, in tema di responsabilità civile, qualora il verificarsi di un evento dannoso appaia riconducibile alla “concomitanza di più fattori causali”, “ogni fattore causale deve essere autonomamente apprezzato per determinare in che misura esso abbia contribuito al verificarsi dell'evento”, a prescindere dal fatto che tali fattori siano stati concausa dell’evento o che essi abbiano solo provocato “conseguenze più gravi di quelle che si sarebbero verificate in mancanza di esso”.
Nel caso di specie, dunque, secondo la Cassazione, la Corte d'appello non aveva opportunamente verificato se e in che misura le conseguenze dannose riportate dal danneggiato fosse “imputabili alla eventuale responsabilità del Comune derivante dal non aver eliminato la fonte di pericolo consistente nel guard rail difettoso”, con la conseguenza che la relativa sentenza andava annullata.
Alla luce di tali considerazioni, la Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal danneggiato e dai genitori, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello di Brescia, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, sulla base dei principi sopra enunciati.