La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23727 del 22 novembre 2016, si è occupata di un altro interessante caso in materia condominiale.
In particolare, se un condomino cade dalle scale del condominio, in quel momento bagnate per le pulizie in corso, l’amministratore e il condominio stesso possono ritenersi responsabili ai sensi dell’art. 2051 del c.c., in qualità di custodi?
Nel caso esaminato dalla Cassazione, un condomino aveva agito in giudizio nei confronti del condominio per aver subito delle lesioni a seguito della caduta dalle scale del condominio bagnate.
Di conseguenza, chiedeva il risarcimento del danno all’amministratore di condominio, in qualità di custode, nonché al condominio stesso, ai sensi dell’art. 2043 del c.c..
I convenuti si costituivano in giudizio, chiamando in causa la propria compagnia assicurativa e l’impresa di pulizie, quest'ultima a titolo di manleva.
Il Tribunale rigettava la domanda in primo grado, evidenziando come custode delle scale fosse il condominio e non il suo amministratore in proprio, nonché rilevando come non fosse stato provato il nesso di causalità con la produzione del danno.
La sentenza veniva, tuttavia, riformata in secondo grado, dal momento che la Corte d’appello riteneva l’amministratore e il condominio responsabili ai sensi dell’art. 2051 del c.c. (cosa in custodia).
La Corte, inoltre, rigettava la domanda di manleva proposta nei confronti dell’impresa di pulizia, in quanto generica.
Veniva proposto ricorso in Cassazione, il quale, tuttavia, veniva rigettato.
Evidenziava la Cassazione, infatti, come la responsabilità da cosa in custodia, di cui all’art. 2051 del c.c. può dirsi esclusa solamente laddove venga data la prova del “caso fortuito”, ovvero della sussistenza di un evento imprevedibile che ha determinato il danno.
Nel caso di specie, invece, la Corte d’appello aveva del tutto correttamente condannato l’amministratore e il condominio, i quali non avevano fornito la prova che l’acqua sulle scale potesse essere qualificato come “caso fortuito”, vale a dire come fattore “imprevedibile, inevitabile ed esclusivo, ossia eccezionalmente assorbente e avulso dal normale utilizzo della cosa in custodia”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’amministratore e dal condominio, confermando la sentenza di secondo grado e condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.