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Riduzione dell’assegno di mantenimento per l’ex coniuge che non cerchi attivamente lavoro

Famiglia - -
Riduzione dell’assegno di mantenimento per l’ex coniuge che non cerchi attivamente lavoro
L’ex coniuge che si limiti ad aspettare offerte di lavoro senza cercarle attivamente può vedersi ridurre il mantenimento.
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3661/2020, si è pronunciata in merito alla possibilità di ridurre l’assegno di mantenimento disposto in favore dell’ex coniuge, qualora questo non cerchi attivamente un’attività lavorativa.

Nel caso di specie una donna, in sede di impugnazione della sentenza di primo grado che, dichiarando la cessazione degli effetti civili del matrimonio, le aveva riconosciuto il diritto a percepire un assegno di mantenimento, se ne era vista ridurre l’ammontare.
La Corte d’Appello adita dal suo ex marito, infatti, aveva evidenziato come, effettivamente, il reddito della donna non fosse tale da garantirle un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio, e questo perché la stessa, in accordo col marito, aveva lasciato il lavoro e gli studi universitari nel momento in cui era nato il figlio. Tuttavia, secondo gli stessi giudici, nonostante fosse pienamente integrato l’an del diritto della donna a percepire l’assegno di mantenimento, per quanto riguardava, invece, il quantum, esso doveva essere necessariamente ridotto. Infatti, mentre, da un lato l’ex marito era andato in pensione e non percepiva più il cospicuo bonus di produzione di cui godeva in precedenza, dall’altro la donna, successivamente alla separazione, oltre a non aver mai cercato attivamente un’occupazione, aveva anche ricevuto le eredità di entrambi i genitori.

La donna ricorreva, dunque, in Cassazione lamentando come la Corte territoriale, nell’affermare che la stessa, dopo la separazione, non si fosse mai attivata per reperire un’occupazione, avrebbe erroneamente interpretato il comma 6 dell’art. 5 della legge divorzio. Secondo la ricorrente, dunque, i giudici di secondo grado avrebbero errato nel ridurre l’assegno di mantenimento disposto in suo favore sul fondamento di una sua mancata iniziativa nella ricerca di un lavoro, poiché tale circostanza, a suo parere, avrebbe dovuto rilevare soltanto qualora vi fosse stato un suo rifiuto ad una concreta possibilità di occupazione.

La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso giudicandolo infondato.
Gli Ermellini hanno, infatti, evidenziato come il riconoscimento del diritto a percepire un assegno di mantenimento richieda l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente, nonché della sua impossibilità di procurarseli per motivi oggettivi. Tale accertamento, ha chiarito la Corte, investe necessariamente la sussistenza di un’eventuale disparità nella situazione patrimoniale degli ex coniugi, anche sotto il profilo delle scelte di vita adottate di comune accordo dagli stessi in costanza di matrimonio, nonché alla luce della durata di quest’ultimo e delle “effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale”.

Alla luce di ciò, i giudici di legittimità hanno stabilito che, se il fondamento della solidarietà tra ex coniugi è da rinvenire nei principi di autodeterminazione ed autoresponsabilità, si debba necessariamente dare rilievo alle potenzialità professionali e reddituali del singolo. Per questo motivo è dovere dell’ex coniuge tenere una condotta attiva nella ricerca di un’occupazione, senza limitarsi ad aspettare opportunità di lavoro facendo ricadere sul coniuge più abbiente l’esito della fine del matrimonio.


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