La questione sottoposta al vaglio degli Ermellini era nata in seguito all’ordinanza con cui un uomo si era visto rigettare, dal Tribunale adito, l’istanza di riesame da lui presentata contro il decreto che aveva disposto il sequestro preventivo del suo cavallo da corsa, in relazione ai reati di maltrattamento di animali, ex art. 544 ter del c.p., e di frode in competizioni sportive, ai sensi dell’art. 1 della l. n. 401/1989, dopo che l’animale era risultato positivo allo stanozololo all’esito del prelievo delle urine.
Contro tale decisione, l’uomo decideva di ricorrere dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, in primo luogo, una violazione di legge in ordine all’ipotizzato reato di frode sportiva, considerato che, a suo avviso, non era stato dimostrato che la quantità di stanozololo rinvenuta nelle urine del cavallo fosse idonea a modificarne le condizioni psicofisiche, non potendosi, peraltro, escludere una contaminazione accidentale o una somministrazione curativa.
Parimenti si eccepiva una violazione di legge in relazione al reato di maltrattamento di animali, evidenziando come tale fattispecie non si potesse considerare perfezionata, mancando la prova della volontarietà della somministrazione di stanozololo.
Il ricorrente eccepiva, poi, una violazione dell’art. 321 del c.p.p. in relazione alla sussistenza del requisito del periculum, rimarcando il dato della sola positività qualitativa dell’esame eseguito sull’animale, l’inibizione dalle corse per due anni dal prelievo, disposta dall’Ufficio sanità e benessere, nonché l’assenza di precedenti notizie di reato sull’animale.
La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare, dunque, nel merito della questione, stante l’assenza del requisito della violazione di legge richiesto dall’art. 325 del c.p.p.
Gli Ermellini hanno, infatti, evidenziato come, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, avallato anche dalla Sezioni Unite, a norma dell’art. 325 del c.p.p. “il ricorso per Cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice” (Cass. Pen., SS.UU., n. 25932/2008).
Come più volte ribadito dalla stessa Suprema Corte, dunque, il ricorso cautelare per Cassazione per violazione di legge, ex art. 325 del c.p.p., può essere proposto soltanto per una mancanza fisica della motivazione, oppure per la presenza di una motivazione apparente, non, invece, per un mero vizio logico della motivazione stessa. Il vizio motivazionale, infatti, deve essere tenuto distinto dalla motivazione apparente, potendosi esso configurare soltanto in relazione ad una motivazione presente (cfr. Cass. Pen., SS.UU., n. 5876/2004; Cass. Pen., n. 5807/2017).
Nel caso di specie, invece, a parere dei giudici di legittimità, il ricorrente ha avanzato dei motivi di ricorso che, sebbene formalmente indicati come violazione di legge, si sostanziano, in realtà, in censure di merito relative alla motivazione del provvedimento impugnato, risultando, pertanto, inammissibili.