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Rendita catastale, ecco tutti i metodi migliori per abbassarla e pagare meno tasse per i tuoi immobili: guida completa

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Rendita catastale, ecco tutti i metodi migliori per abbassarla e pagare meno tasse per i tuoi immobili: guida completa
Una guida completa su come abbassare la rendita catastale dei propri immobili e pagare così imposte ridotte
Le proprietà immobiliari sono in grado di produrre reddito. Il valore del reddito prodotto da immobili, terreni e fondi è considerato dall'Agenzia quale parametro per stabilire la rendita catastale di detti beni immobiliari.
L’AdE, inoltre, utilizza tale rendita come base per calcolare l'ammontare di alcune imposte. Ci riferiamo in particolare all’IMU (Imposta municipale unica), all’IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche), nonché alla TARI, ovvero la Tassa sui rifiuti.
Più elevato è il valore della rendita catastale, maggiore sarà anche l'ammontare di queste imposte.
È bene, inoltre, precisare che la rendita catastale si differenzia dal valore catastale.
Quest’ultimo, infatti, costituisce il valore patrimoniale del bene e il suo ammontare si calcola moltiplicando la rendita catastale, rivalutata del 5%, per il coefficiente assegnato dal Fisco a ciascun immobile all'interno delle varie categorie. Per comprendere meglio, si consideri ad esempio che gli immobili qualificati come “prima casa” hanno un coefficiente pari a 110.
Ne deriva che i proprietari di immobili con rendita catastale molto elevata saranno tenuti a pagare al Fisco imposte proporzionalmente più elevate. Pertanto, una delle domande che spesso si pongono i contribuenti riguarda la possibilità di, ed eventuali metodi con cui abbassare la rendita catastale.
Prima di vedere come si può abbassare la rendita catastale, è opportuno capire come quest'ultima viene effettivamente calcolata.
Innanzitutto, è necessario ricorrere al supporto di un tecnico professionista. Infatti, per determinare la rendita catastale si applicano diversi parametri.
Dopodiché, è necessario identificare la consistenza dell'immobile e, soprattutto, la categoria catastale di appartenenza dello stesso.
Le categorie catastali delle abitazioni sono le seguenti:
  • A/1 per abitazioni di tipo signorile;
  • A/2 abitazione di tipo civile;
  • A/3 abitazione di tipo economico;
  • A/4 abitazione di tipo popolare;
  • A/5 abitazione di tipo ultra-popolare;
  • A/6 abitazione di tipo rurale;
  • A/7 villini;
  • A/8 ville;
  • A/9 castelli, palazzi di notevole prestigio;
  • A/10 studi e uffici privati;
  • A/11 abitazioni e alloggi tipici dei luoghi.
Sul valore della rendita catastale incide altresì il luogo dove si trova l'immobile. Infatti, l'Agenzia delle entrate, a seconda delle zone (ad esempio agricole o residenziali) prevede diverse tariffe d’estimo.
Chiarito questo aspetto, il primo passo da compiere - prima di presentare un'istanza per ottenere l'abbassamento della rendita catastale - è, ovviamente, conoscerne il valore attuale.
Per fare ciò, è sufficiente richiedere una visura catastale, dalla quale risulta la rendita per ciascun immobile.
A questo punto, la prima ipotesi in cui si può richiedere l'abbassamento della rendita catastale riguarda quegli immobili le cui condizioni siano cambiate rispetto al momento in cui la rendita stessa era stata calcolata.
Ad esempio, potranno presentare un’istanza per ridurre la rendita i proprietari di immobili che siano in stato di degrado.
Ovviamente, per ottenere il cambio di valore dell’immobile, il richiedente dovrà fornire apposita documentazione a sostegno della sua richiesta. Proprio per questo è necessario chiedere il supporto di un tecnico.
Diversamente, qualora l’immobile sia solo parzialmente degradato, allora il proprietario potrà richiederne il frazionamento. La finalità, in tal caso, è separare la parte rovinata dell’immobile, determinando quindi la creazione di una nuova unità immobiliare. Ovviamente, le due diverse unità immobiliari avranno due rendite catastali diverse, di cui una decisamente più bassa perché relativa alla porzione di immobile degradata.
Ad influenzare il valore catastale di un immobile è anche la sua destinazione d’uso. Ad esempio, un immobile che viene utilizzato quale abitazione principale dal proprietario avrà un valore catastale più basso rispetto ad uno utilizzato come locale commerciale. Questo perché il locale commerciale è idoneo potenzialmente a produrre più reddito rispetto a un'abitazione.
Le principali destinazioni d’uso sono specificate dal Testo unico edilizia e sono:
  • residenziale;
  • artigianale o industriale;
  • commerciale;
  • turistico-ricettiva;
  • rurale (svolgimento di attività agricole);
  • produttiva o direzionale (ad esempio magazzini o uffici).
L'individuazione della destinazione d'uso del proprio immobile è contenuta all'interno del Certificato di agibilità dello stesso oppure nella visura catastale storica.
È bene, però, precisare che il cambio di destinazione d'uso dev'essere reale ed effettivo, nel senso che, se il proprietario chiede che l'immobile precedentemente usato come locale commerciale sia qualificato come abitazione, non potrà più utilizzarlo per lo svolgimento di attività commerciali, né concederlo in locazione a tale scopo.
L'ultima possibilità attiene, invece, alla richiesta di rettifica della rendita dovuta ad errori di censimento.
Qualora il proprietario dell'immobile ravvisi delle incongruenze tra i dati riportati nella visura catastale e lo stato reale dell'immobile, potrà presentare un'istanza in autotutela per ottenere la rettifica.
Il caso tipico riguarda la presenza di errori nella visura, la quale ad esempio riporti un numero maggiore di vani nell'immobile, oppure una consistenza diversa da quella effettiva.
La richiesta dev'essere presentata innanzi all'ufficio provinciale dell’Agenzia del Territorio competente, la quale provvederà alla correzione degli errori.


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