Questa volta, nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Bologna aveva confermato la sentenza resa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, la quale aveva dichiarato un automobilista “colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza in ora notturna”.
L’imputato, ritenendo la sentenza ingiusta, decideva, dunque, di ricorrere in Cassazione, denunciando la “violazione di legge e vizio di motivazione in punto di giudizio di affermazione di penale responsabilità e in punto di mancata conversione della pena inflitta in lavori di pubblica utilità”.
Secondo l’imputato, inoltre, la Corte d’Appello, avrebbe errato nel non riconoscere “la patologia del reflusso gastroesofaqgeo da lui lamentata”, escludendone “l’influenza sull’esito degli accertamenti svolti mediante etilometro”. Il percorso argomentativo svolto dalla Corte, in particolare, sarebbe stato, nella prospettazione del ricorrente, “contorto ed illogico”.
Per quanto concerne il presunto vizio di motivazione addotto dal ricorrente, la Cassazione riteneva il ricorso infondato.
La Corte, sul punto, osservava che “entrambi i giudici di merito hanno adeguatamente motivato in punto l'irrilevanza della patologia dichiarata”.
In proposito, il giudice, “nel dar atto che dalla documentazione medica prodotta risultava attestata l’ernia iatale dichiarata dall’imputato, ha tuttavia aggiunto che non sussisteva in atti alcun elemento indicativo del fatto che detta patologia aveva influito sull’accertamento (che era stato validamente effettuato)”
Da tale documentazione “risultava una patologia tutt’al più idonea a ritardare i processi digestivi o a provocare reflussi gastrici, ma non anche in grado di incidere sulla presenza di alcol a livello ematico (circostanza questa sulla quale si basa, come è noto, l’accertamento con alcoltest, tramite la verifica di espirazione polmonare)”.
Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva correttamente ribadito che “l’imputato era stato fermato in orario lontano dai pasti” e che “il reflusso gastroesofageo comporta una maggiore difficoltà e lentezza nella digestione e, quindi, nello smaltimento dell’alcol” e “per effetto di detta maggiore difficoltà e lentezza (…) nella cavità orale e nel tratto esofageo, i gas e i vapori dell’alcol possono permanere più a lungo, ma non possono giungere ad essere alterati”.
Nel giro di qualche minuto, infatti, “la situazione si normalizza come per qualsiasi altro soggetto non portatore della patologia in esame”.
Tale motivazione addotta dalla Corte d’Appello, dunque, ad avviso della Cassazione, era del tutto “esente da vizi logici o giuridici”, essendo, peraltro, insindacabile in sede di giudizio di Cassazione.
Secondo la Cassazione, invece, il ricorso era fondato sotto l’aspetto della mancata conversione della pena nei lavori di pubblica utilità.
Tale richiesta, infatti, era stata presentata in sede di atto di appello e, pertanto, doveva ritenersi tempestiva.
A conferma di ciò, la Cassazione ricorda che l’art. 186 comma 9 del codice della strada, “richiede soltanto la non opposizione” alla richiesta ma non richiede in alcun modo che la richiesta debba essere formulata solo ed esclusivamente nel giudizio di primo grado.
In conclusione, la Cassazione riteneva di dover annullare la sentenza impugnata, ma solo “relativamente alla questione concernente la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità”.