Lo avrà sicuramente pensato la protagonista di una recente vicenda avvenuta a Torino, lo scorso luglio: durante una festa organizzata appositamente per annunciare il loro matrimonio, il promesso sposo ha svelato il tradimento della donna dinanzi a tutti gli inviati.
In particolare, i due erano fidanzati da tre anni ed avevano deciso di sposarsi.
L’uomo, scoperta la relazione d’infedeltà della futura moglie, organizzava un banchetto con cinquanta invitati, facendo credere alla donna che la festa fosse per avvisare del loro matrimonio. Poi, al momento di fare l’annuncio, la grande sorpresa: davanti a tutti gli invitati, l’uomo rivelava il tradimento della donna, mostrandone anche le foto.
L’intera vicenda è stata ripresa da alcuni degli invitati con il loro cellulare.
Allora, svelare un tradimento in pubblico costituisce un reato?
Partiamo da una premessa. Secondo la Corte di Cassazione (ad esempio, sent. n. 7856 del 2018), rivelare un tradimento è una condotta intrinsecamente offensiva della reputazione dell’infedele. Infatti, il tradimento ha una connotazione negativa poiché si tratta di un comportamento contrario ai principi etici consolidati nella società: pertanto, nell’opinione pubblica, è un comportamento che induce alla disapprovazione sociale.
Quindi, di per sé, svelare una relazione fedifraga può avere rilevanza diffamatoria perché viene leso l’onere della persona infedele.
Di conseguenza, svelare una relazione fedifraga può avere rilevanza diffamatoria.
Fermo restando che l’uomo ha chiaramente agito con coscienza e volontà della propria condotta e con la consapevolezza dell’offensività della rivelazione del tradimento per la reputazione della donna dinanzi a più persone (si parla di dolo generico), occorre precisare che, tuttavia, ai danni della donna, il reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p. non può dirsi realizzato.
Difatti, per la sussistenza del reato, l’art. 595 c.p. stabilisce che sono necessari i seguenti requisiti oggettivi: l’offesa all’altrui reputazione in assenza dell’offeso e la comunicazione a più persone (cioè, ad almeno due persone).
Nell’episodio raccontato, è proprio la presenza della donna ad impedire la realizzazione del reato di diffamazione. Non c’è diffamazione perché è vero che il tradimento è stato svelato dinanzi a cinquanta persone, ma è anche vero che la donna era presente alla festa nel momento della rivelazione del tradimento e, dunque, della lesione all’onere.
Al massimo, nei confronti della donna, non può del tutto escludersi la configurazione dell’ingiuria: quando l’offesa all’onore viene arrecata in presenza dell’insultato, allora si può parlare di “ingiuria”. Però, l’ingiuria è stata oggetto di depenalizzazione: mentre in passato costituiva un reato, oggi è un illecito civile.
Al contrario, nei confronti del presunto amante, si può astrattamente parlare del reato di diffamazione.
Anche nei suoi confronti, c’è l’offesa alla reputazione. Inoltre, il presunto amante non era presente alla festa: quindi, in astratto, la sua assenza nel momento dell’offesa può far configurare il reato di diffamazione.
Peraltro, la Suprema Corte di Cassazione ha anche precisato che, ai fini della sussistenza del reato previsto dall’art. 595 c.p., non è necessario che si offenda un soggetto determinato (ad esempio, facendo nome e cognome), ma è sufficiente che si tratti di una persona facilmente identificabile: cioè, è sufficiente che sia possibile identificare il destinatario dell’offesa.
Staremo a vedere se la vicenda avrà strascichi legali per i suoi protagonisti.