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Pensione anticipata, ecco come smettere di lavorare a 61 anni e andare prima in pensione: scopri la procedura da seguire

Pensione anticipata, ecco come smettere di lavorare a 61 anni e andare prima in pensione: scopri la procedura da seguire
In presenza di alcuni requisiti, i lavoratori possono accedere alla pensione di vecchiaia con largo anticipo. Vediamo qual è la procedura da seguire
In Italia ad oggi l’accesso alla pensione di vecchiaia è consentito ai lavoratori che abbiano 67 anni di età, oppure che abbiano maturato almeno 20 anni di anzianità contributiva.
È tuttavia possibile accedere alla pensione in anticipo rispetto ai limiti indicati.
Il nostro ordinamento, infatti, prevede la pensione anticipata per chi abbia 42 anni e 10 mesi di contributi, oppure per chi sia affetto da una grave invalidità.
Oltre ai casi indicati, c’è un’ulteriore possibilità di andare in pensione al raggiungimento dei 61 anni di età.

Vediamo che cosa prevede la legge e come fare per andare prima in pensione.

Qualora il lavoratore voglia andare in pensione all’età di 61 anni, il primo passo che deve affrontare è l’accesso alla Naspi. Per fare questo, il dipendente necessiterà del supporto del proprio datore di lavoro, il quale dovrà licenziarlo affinché possa accedere all’indennità di disoccupazione. L’accesso alla Naspi, infatti, è subordinato alla perdita non volontaria del lavoro; diversamente, in caso di dimissioni, il lavoratore non potrebbe beneficiare del sussidio.
Il vantaggio per il datore di lavoro riguarda la possibilità di effettuare un ricambio generazionale, assumendo così personale più giovane.

A seguito del licenziamento, bisognerà presentare la domanda per ottenere l’indennità di disoccupazione Naspi. La stessa spetta per una durata pari alla metà delle settimane contributive maturate negli ultimi 4 anni. I soggetti che hanno svolto una carriera lavorativa piuttosto lunga percepiranno la Naspi per un periodo di 2 anni.
Durante questo periodo, che è coperto da una contribuzione figurativa, il beneficiario otterrà un’indennità il cui ammontare è calcolato come segue:
  • 75% della retribuzione media per i primi 1.425,21 euro;
  • 25% per la parte restante fino a un massimo di 1.550,42 euro.
L’importo percepito con la Naspi si riduce con il passare del tempo. Infatti, nelle ultime mensilità il suo ammontare si aggira intorno agli 845 euro.
Ricapitolando, una volta raggiunti i 61 anni di età, qualora il lavoratore fosse intenzionato ad andare in pensione prima, dovrà attivarsi per ottenere il licenziamento da parte del datore di lavoro e fare domanda di accesso alla Naspi. È bene, però, precisare che tra i requisiti sono richiesti 61 anni e due mesi di età e almeno 28 anni di contributi previdenziali.

A questo punto, decorsi i 2 anni in cui si è beneficiato dell’indennità di disoccupazione, la Naspi scade e il lavoratore dovrà attendere 3 mesi. Trascorso questo periodo di tempo egli potrà, quindi, presentare la domanda per ottenere l’Anticipo pensionistico, detto anche Ape Sociale.
I requisiti per accedere a tale strumento sono i seguenti:
  • 63 anni e 5 mesi di età;
  • 30 anni di contributi;
  • essere disoccupati, per perdita involontaria del lavoro;
  • cessazione della Naspi da almeno 3 mesi.

Qualora la domanda per l’accesso all’Ape Sociale venga accolta, il richiedente otterrà un’indennità sostitutiva della pensione pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento della richiesta dell’indennità, comunque fino a un massimo di 1.500 euro.
Il vantaggio dell’Ape sociale, però, è che la stessa viene riconosciuta ai beneficiari finché gli stessi non maturino i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia e non è prevista alcuna riduzione per il decorso del tempo. Pertanto, il richiedente potrà usufruire del sussidio fino al compimento dei 67 anni di età.

Maturati, quindi, i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, verrà preliminarmente effettuato un ricalcolo dell’importo da erogare, prendendo come parametro un coefficiente di trasformazione (per la parte calcolata con il contributivo) maggiore rispetto a quello utilizzato per calcolare l’indennità spettante con l’Ape Sociale.

Ci sono comunque degli svantaggi per chi decida di ricorrere a questa procedura.
Innanzitutto, la stessa potrebbe rivelarsi ostica in caso di mancata collaborazione del datore di lavoro, il quale potrebbe non voler licenziare il lavoratore.
In secondo luogo, il dipendente dovrà comunque mettere in conto dei sacrifici economici, sia durante il periodo in cui percepisce la Naspi, sia in quelli di ottenimento dell’Ape sociale.
Infine (e questa è la conseguenza maggiormente negativa), la pensione sarà inevitabilmente più bassa rispetto a quella che il lavoratore avrebbe percepito se avesse continuato a svolgere l’attività lavorativa fino ai 67 anni di età.
Ciò deriva dal fatto che, durante il periodo in cui il dipendente percepisce l’Ape sociale, non è prevista alcuna contribuzione figurativa a suo favore; quindi risulteranno meno contributi versati, con conseguente taglio della pensione.


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