Va osservato che l’art. 12 della legge n. 194 del 1978 prevede espressamente che, nel caso in cui non sia possibile ottenere il consenso dei genitori, il giudice tutelare deve limitarsi ad autorizzare la minore a decidere in ordine all’interruzione di gravidanza.
Il Tribunale di Mantova, con una sentenza del 29 febbraio 2016, si è occupato proprio di questa delicata questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso di specie, il consultorio familiare aveva trasmesso al giudice tutelare la richiesta di interruzione volontaria di gravidanza avanzata da una minore.
Il Giudice, dunque, provvedeva a fissare apposita udienza, allo scopo di sentire la minore, la quale, tuttavia, decideva di non presentarsi.
A seguito della mancata presentazione della minore all’udienza, il giudice evidenziava come la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 76 del 1996, avesse precisato che, “il compito del Giudice Tutelare, nel procedimento previsto dall’art. 12 L. 194/78, in tutti i casi in cui l’assenso dei genitori o degli esercenti la tutela non sia o non possa essere espresso, è unicamente quello di autorizzare la minore a decidere in merito all’interruzione di gravidanza, compito che non può configurarsi come potestà codecisionale, essendo la decisione rimessa – alle condizioni ivi previste – soltanto alla responsabilità della donna”.
Il provvedimento del Giudice tutelare, infatti, ha unicamente la funzione di “verifica in ordine alla esistenza delle condizioni nelle quali la decisione della minore possa essere presa in piena libertà morale” (ordinanza n. 514 del 2002 Corte Cost.).
In altri termini, il Giudice non autorizza la minore ad interrompere la gravidanza ma la autorizza a decidere in ordine all’eventuale interruzione, dopo aver sentito la minore stessa e aver verificato la sua consapevolezza circa il significato e le conseguenze della sua decisione.
Osservava il giudice, in proposito, che, a tale scopo, l’art. 12 sopra citato prevede che “il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza”.
Di conseguenza, secondo il giudice, poichè la minore non si era presentata all’udienza e, dunque, non era stato possibile sentirla, il giudice non poteva essere stato in grado di “operare alcuna verifica in ordine alla effettiva consapevolezza, in capo alla stessa, della scelta alla quale si è determinata, e in particolare di verificare se la stessa sia in grado di comprenderne il significato e le conseguenze”.
Conseguentemente, il giudice tutelare rigettava la richiesta della minore “di essere autorizzata a decidere autonomamente in ordine all’interruzione volontaria di gravidanza, a causa della sua mancata comparizione all’udienza fissata ai sensi dell’art. 12 L. 194/78”.
Tribunale di Mantova, 29 febbraio 2016. Rel. Alessandra Venturini
TRIBUNALE DI MANTOVA UFFICIO DEL GIUDICE TUTELARE
Il Giudice Tutelare dott.ssa Alessandra Venturini, visti gli atti del proc. n. 1027/16 R.G. Premesso:
che con relazione pervenuta in data 25.02.2016 il Consultorio Familiare di P. ha trasmesso a questo Ufficio la richiesta di interruzione volontaria di gravidanza avanzata dalla minore….., nata in … il …;
che all’udienza fissata per il 29.02.2016, ad ore 16.00, la minore non è comparsa; rilevato:
che, come ribadito dalle numerose pronunce della Corte Costituzionale in materia, il compito del Giudice Tutelare, nel procedimento previsto dall’art. 12 L. 194/78, in tutti i casi in cui l’assenso dei genitori o degli esercenti la tutela non sia o non possa essere espresso, è unicamente quello di autorizzare la minore a decidere in merito all’interruzione di gravidanza, compito che “non può configurarsi come potestà codecisionale, la decisione essendo rimessa – alle condizioni ivi previste – soltanto alla responsabilità della donna” (v. ordinanza n. 76 del 1996 Corte Cost.), rispondendo il provvedimento del giudice tutelare “ad una funzione di verifica in ordine alla esistenza delle condizioni
nelle quali la decisione della minore possa essere presa in piena libertà morale” (ordinanza n. 514 del 2002 Corte Cost.);
che a tal fine l’art. 12 citato, prevede che “Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza”; che la mancata comparizione della minore al fine di essere “sentita” non consente a questo Giudice di operare alcuna verifica in ordine alla effettiva consapevolezza, in capo alla stessa, della scelta alla quale si è determinata, e in particolare di verificare se la stessa sia in grado di comprenderne il significato e le conseguenze;
che in assenza di tale necessaria verifica la richiesta allo stato non può essere accolta, con conseguente rigetto della stessa, fermo restando la possibilità per la minore di presentare eventualmente nuova istanza, qualora ne sussistano i presupposti.
P.Q.M.
– visto l’art. 12 comma 2 della Legge 12/05/1978 n. 194
RIGETTA
Si comunichi.
Così deciso in Mantova il 29 febbraio 2016. Depositata in Cancelleria il 29 febbraio 2016.