La vicenda aveva avuto origine a seguito dell’
azione di
sfratto per morosità proposta nei confronti di una
società da parte del
locatore proprietario dell’immobile. All’
intimazione con cui la parte attrice chiedeva lo sfratto ed il pagamento dei canoni di
locazione scaduti, la società si era opposta, lamentando
vizi dell’immobile e l’
impossibilità di accedervi tramite il secondo ingresso e proponendo
domanda riconvenzionale a titolo di risarcimento del
danno.
Il Tribunale, accertato l’inadempimento della conduttrice, aveva convalidato lo sfratto, risolto il rapporto di locazione e condannato la società al rilascio dell’immobile ed al risarcimento.
Quest’ultima aveva perciò proposto
appello, ma i giudici di secondo grado l’avevano rigettato. Secondo la corte territoriale, infatti, l’asserita impossibilità dell’appellante ad accedere all’immobile contrastava con le affermazioni, mai contestate, del locatore, il quale sosteneva di
avergli più volte offerto le chiavi e che l’immobile fosse comunque munito di
due accessi. Pertanto, anche in caso di mancata consegna delle chiavi di uno dei due accessi, all’inquilino non sarebbe stata comunque preclusa la possibilità di fruire del
bene.
Per quanto riguarda, invece, l'asserito
mancato adeguamento degli impianti da parte del locatore, la Corte aveva rilevato la genericità dei motivi: la stessa società conduttrice, infatti, avrebbe potuto provvedere alla messa a norma dell’
impianto elettrico, maturando poi il diritto a ripetere dal locatore le spese sostenute.
La società aveva dunque proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che, nonostante l’immobile fosse dotato di due ingressi, la porta di ingresso al giardino era bloccata da barre di acciaio e ne era precluso l’accesso; allo stesso tempo, riguardo alla seconda porta di accesso, affermava che il locatore, dopo averne sostituito la serratura, non le aveva consegnato copia delle nuove chiavi. La ricorrente lamentava infine l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso, sostenendo che i giudici avessero preso in considerazione soltanto i difetti dell’impianto elettrico, e non anche il complessivo stato di fatiscenza dell’intero immobile, che era tale da richiedere una radicale ristrutturazione.
La Corte di Cassazione si è espressa con l’
ordinanza n. 7481/2020, rigettando il
ricorso. La Suprema Corte ha ritenuto inammissibili entrambi i motivi, constatando che l’onere processuale richiesto in caso di
doppia conforme ex art.
348 ter co. 5 c.p.c. non era stato assolto: infatti, il
ricorrente in Cassazione, per evitare l’
inammissibilità di un motivo di ricorso proposto ex art.
360 co. 1 n. 5 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base sia della decisione di primo grado, sia della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che erano tra loro diverse (Cass. sent. n. 5528/2014; n. 19001/2016; n. 26774/2016), cosa che non era avvenuta nel caso in esame.
Oltretutto, la Suprema Corte ha osservato che la ricorrente non aveva contestato in modo puntuale l’allegazione con cui la controparte affermava di averle ripetutamente offerto le nuove chiavi della seconda porta di accesso, né aveva dimostrato di non aver potuto accedere all’immobile, dato che questo era oggettivamente dotato di due ingressi.
Per quanto riguarda le doglianze in merito allo stato dell’immobile, la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione di inammissibilità della Corte d’appello, basata sulla genericità del motivo e quindi sulla violazione dell’art.
342 c.p.c. La ricorrente, invece di impugnare la statuizione di inammissibilità del motivo, aveva denunciato un vizio di
motivazione, ma tale censura risulta inefficace se non è accompagnata dall’impugnazione del giudizio di
inammissibilità.
Alla luce di queste premesse, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dichiarandolo inammissibile.