La NASpI, acronimo di Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, è un sistema di protezione sociale contro la disoccupazione – nello specifico si tratta di un’indennità mensile – che segue regole ben definite. Viene determinata la durata del pagamento mensile e l’importo dell’indennità e si attiva solo in caso di perdita involontaria del lavoro.
Si tratta di un meccanismo preciso e affidabile, ma ovviamente ha le sue regole e le sue eccezioni.
In questa sede, non ci addentreremo nei meandri tecnici della NASpI, non esamineremo ogni singolo ingranaggio che compone questa macchina. Piuttosto, ci concentreremo su una situazione specifica, un caso particolare che potrebbe portare alla perdita del diritto all’indennità mensile di disoccupazione.
Questa situazione per un beneficiario NASpI risulta piuttosto simile ad una tempesta imprevista nel bel mezzo del mare.
Come può essere affrontata? Cosa si deve fare per evitare di naufragare?
In merito, la Corte di Cassazione ha pronunciato l’Ordinanza n. 846 del 9 gennaio 2024.
Questo provvedimento ha rivelato dettagli cruciali che meritano attenzione, soprattutto nel caso in cui il percettore dell’indennità – al momento in cui ha fatto richiesta per la fruizione della NASpI – aveva già in corso un’attività lavorativa autonoma o di impresa.
Difatti, se il beneficiario della NASpI non comunica un’attività lavorativa autonoma o di impresa già in corso al momento della domanda e il reddito che da quest’attività presume di trarre, questo può portare alla decadenza dell’indennità di sostegno contro la disoccupazione.
Le informazioni appena menzionate devono essere comunicate entro il termine di un mese dalla presentazione della domanda, così come previsto dall’art. 10, comma 1 e dall’art. 9, comma 3, D.Lgs. 22 del 2015.
Questo punto cruciale emerge dall’ordinanza appena citata.
In sostanza, la Corte ha esaminato il caso di un lavoratore che - durante il periodo coperto dall’indennità di disoccupazione e già nel momento in cui ha presentato la domanda per la NASpI - stava svolgendo un’attività lavorativa autonoma o di impresa, senza averlo comunicato all’INPS entro il termine detto prima.
È importante inoltre precisare che, nei gradi di giudizio precedenti a quello davanti la Corte di Cassazione, i giudici non hanno condiviso la posizione dell’INPS, evidenziando l’inapplicabilità dell’art. 10 citato al caso in esame, poiché si riferisce esclusivamente all’avvio di una nuova attività. Nel caso specifico, il lavoratore che riceveva la NASpI possedeva già una partita Iva al momento della richiesta dell’indennità di disoccupazione e quindi svolgeva già un’attività di lavoro autonomo o d’impresa.
La Corte di Cassazione ha preso però una strada diversa, come evidenziato dall’Ordinanza del 9 gennaio, ed ha sottolineato che l’articolo 10 del D.Lgs. n. 22 del 2015 deve essere applicato a qualsiasi attività svolta contemporaneamente alla percezione dell’indennità.
In sostanza, per il giudice di legittimità il significato da attribuire alle parole dell’art. 10 è che lo stesso include non solo una nuova attività, ma anche quelle svolte precedentemente e poi contemporaneamente al periodo di conseguimento dell’indennità di disoccupazione.
Per la Suprema Corte, inoltre, non è rilevante che il lavoratore abbia comunicato all'INPS le informazioni relative all’attività lavorativa oltre il termine di un mese, dato che quest’ultimo è previsto a pena di decadenza dal beneficio della NASpI.
In conclusione, si può affermare che la Corte di Cassazione – con l’Ordinanza in esame – ha precisato che il percettore dell’indennità NASpI è obbligato a comunicare all’INPS entro un mese dalla domanda se svolge attività di lavoro autonomo o di impresa sia per le attività iniziate prima della percezione dell’indennità, sia per le attività iniziate dopo.
L’elemento decisivo quindi sta nel fatto che l’attività viene svolta nello stesso periodo in cui si percepisce la NASpI, indipendentemente da quando la stessa sia iniziata.