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Inadempimento contrattuale per Coronavirus: è possibile appellarsi alla “forza maggiore”?

Inadempimento contrattuale per Coronavirus: è possibile appellarsi alla “forza maggiore”?
Possono i decreti emergenziali emanati dal governo giustificare l’inadempimento per cause di forza maggiore?
In Cina, per far fronte ai numerosi inadempimenti e ritardi nelle consegne da parte delle imprese dovuti al diffondersi del coronavirus, si è cominciato a parlare di “forza maggiore”.
Dato che attualmente il COVID-19 si sta diffondendo anche in Italia, ci si chiede se esso possa, con riferimento al diritto dei contratti, essere ricondotto alla nozione di “forza maggiore”. Tale inquadramento potrebbe essere rilevante nella gestione dei rapporti contrattuali intrattenuti dalle imprese che operano all’interno delle c.d. “zone rosse”.
Per quanto riguarda il concetto stesso di "forza maggiore", è opportuno, innanzitutto, precisare che la disciplina generale del contratto contenuta nel codice civile non ne offre una definizione precisa. In generale, con tale locuzione si intende una serie di eventi incontrollabili che, al momento della stipula dell’accordo, siano anche imprevedibili: ad esempio epidemie, calamità naturali o atti terroristici e di guerra.
Data la possibile indeterminatezza, e considerando anche che le diverse legislazioni nazionali non regolano in modo conforme la materia, nell’ambito del commercio internazionale si è diffusa la prassi di inserire all’interno dei contratti di vendita una clausola di cd. “force majeure”, allo scopo di specificare chiaramente e preventivamente quali siano le ipotesi di forza maggiore.
Allo stesso scopo, all'articolo 79 della Convention on Contracts for the International Sale of Goods (cd. CISG o convenzione di Vienna) si è cercato di offrire una definizione univoca di "forza maggiore": un evento estraneo alla sfera di controllo della parte, imprevedibile al momento della conclusione del contratto ed assolutamente insormontabile. Una volta verificatosi questo evento, è previsto l’esonero di responsabilità del debitore, il quale, normalmente, sarebbe invece da considerarsi inadempiente nei confronti del creditore.
Un’altra clausola frequentemente utilizzata nell'ambito del commercio internazionale è la cd. hardship clause: nel caso in cui, nel corso di un contratto di lunga durata, la prestazione di una delle parti diventi eccessivamente onerosa, causando un ingiustificato squilibrio tra le due prestazioni ed un conseguente sproporzionato sacrificio di una parte a vantaggio dell’altra, questa clausola ha la funzione di permettere alle parti di rinegoziare o ridefinire le obbligazioni contrattuali originarie, adeguando le rispettive prestazioni alle nuove circostanze di fatto che si sono venute a creare ed impedendo, così, che solo una delle parti si trovi a sopportare il pregiudizio che sarebbe derivato dalla corretta esecuzione del contratto.
All’interno dell’ordinamento italiano, il concetto di forza maggiore emerge in particolare negli articoli 1467 e 1256 c.c.
L’art. 1467 c.c. prevede che, se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa a causa di fatti straordinari ed imprevedibili, il debitore ha la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto. Sono richiesti, dunque, i due requisiti della straordinarietà e dell'imprevedibilità: secondo la giurisprudenza, il primo ha carattere oggettivo, essendo quantificabile sulla base di elementi quali l’intensità e l'entità del fatto, mentre il secondo ha natura soggettiva, in quanto riguarda la possibilità che il debitore aveva di conoscere il fatto; la valutazione sulla sua sussistenza o meno deve avvenire utilizzando come punto di riferimento il comportamento che una persona media terrebbe in quelle determinate circostanze.
L’art. 1256 c.c. prevede che, qualora, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione dedotta in contratto diventi definitivamente impossibile, l’obbligazione si estingue, e quindi il debitore è liberato.
Dato che, allo stato attuale, la diffusione del coronavirus ha portato il governo a predisporre decreti emergenziali per il suo contenimento (come, ad esempio, la sospensione della produzione in alcune aziende o di altre innumerevoli attività di aggregazione, la chiusura dei collegamenti con determinate aree, o la chiusura anticipata dei locali) tali da rendere impossibile l’adempimento di determinate obbligazioni (c.d. factum principis), essendo l'ordine delle pubbliche autorità un fattore cogente ed estraneo alla sfera di controllo del debitore, il concetto di forza maggiore assume un particolare rilievo.
Vi sono altri casi, invece, in cui le direttive del governo hanno portato a rendere l'adempimento di talune prestazioni non assolutamente impossibile, ma maggiormente oneroso, ad esempio costringendo le aziende ad utilizzare forme diverse di consegna o a ricorrere a modalità di produzione che richiedono tempistiche più lunghe.
Tuttavia, il confine tra le varie ipotesi di forza maggiore e quelle di eccessiva onerosità sopravvenuta non risulta netto ed incontrovertibile: occorre, piuttosto, procedere ad un'analisi caso per caso dei singoli rapporti negoziali.
Il commerciante la cui attività abbia in qualche modo risentito della diffusione del COVID-19 dovrà, per prima cosa, verificare se siano o meno presenti, nel relativo contratto, specifiche disposizioni che prevedano ipotesi di forza maggiore o di eccessiva onerosità sopravvenuta ed eventuali conseguenze giuridiche, e solo successivamente potrà essere in grado di determinare in concreto gli effetti derivanti dall’inadempimento di una prestazione o dal sopravvenuto disequilibrio contrattuale.


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