In caso di mancata dichiarazione, dunque, se la stazione appaltante dimostra con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, questo dovrà essere escluso dalla partecipazione alla procedura.
Sulla portata applicativa di tale previsione, tuttavia, sono sorti dei dubbi.
Gli interpreti si sono infatti a lungo chiesti se l’art. 80 co. 5 configuri o meno un obbligo dichiarativo generalizzato in capo all’operatore economico, tenuto all’indicazione anche di illeciti assai risalenti nel tempo o comunque non incidenti sulla sua integrità o affidabilità professionale.
Ebbene, sul tema è di recente intervenuto il Consiglio di Stato, con sentenza n. 575 del 27 gennaio 2022, affermando che è “irrilevante il fatto costitutivo della causa di esclusione prevista dall'art. 80 comma 5, lett. c), del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, qualora esso sia stato commesso oltre tre anni prima dell'indizione della relativa procedura di gara”.
Nella motivazione di tale pronuncia, in particolare, si valorizza il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, di derivazione eurocomunitaria: un obbligo generalizzato sarebbe infatti – a parer del Consiglio di Stato – eccessivamente oneroso in capo all'operatore economico, poiché concernente vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa.
Non esistendo tuttavia, nell'ordinamento giuridico italiano, una norma che fissa un limite cronologico generale entro il quale operi la rilevanza dei fatti valutabili ex art. 80, comma 5, lett. c), il Consiglio di Stato ha richiamato la norma di cui all'art. 57, par. 7, della direttiva 2014/24/UE, la quale – per consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa – ha efficacia diretta nell'ordinamento interno, con conseguente immediata applicabilità.
Siffatta disposizione, in particolare, prevede che il periodo di esclusione per i motivi di cui al relativo paragrafo 4 (tra i quali sono annoverate le false dichiarazioni richieste per verificare l'assenza di motivi di esclusione) non può essere superiore a «tre anni dalla data del fatto in questione».
Il caso giunto all’attenzione del Consiglio di Stato, in particolare, riguardava l’annullamento in autotutela di un provvedimento di aggiudicazione che era stato emanato in favore di un RTI. L’aggiudicazione, nello specifico, era stata annullata per mancata dichiarazione di una condanna per estorsione inflitta al socio di maggioranza.
Avendo il TAR ritenuto tale annullamento legittimo, il ricorrente aveva proposto appello e il Consiglio di Stato, sulla scorta delle considerazioni sopra esposte, ha accolto l’impugnazione.