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Evasione dagli arresti domiciliari: possibile l'assoluzione per particolare tenuitā del fatto

Evasione dagli arresti domiciliari: possibile l'assoluzione per particolare tenuitā del fatto
Secondo la Cassazione, non è condannabile per evasione l'imputato che si allontana dal luogo degli arresti domiciliari in pigiama restando nelle immediate vicinanze del luogo stesso.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26867 del 29 maggio 2017, si è occupata di un interessante caso in materia di diritto penale e, in particolare, di evasione dagli arresti domiciliari (art. art. 385 del c.p. cod. pen.).

Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Catania aveva assolto un imputato dal delitto di evasione, che gli era stato contestato per essersi allontanato senza autorizzazione dall’abitazione dove si trovava agli arresti domiciliari, seppur in pigiama e restando, comunque, nelle vicinanze.

Secondo il Tribunale, in particolare, la condotta non era punibile in considerazione della “particolare tenuità del fatto” (art. 131 bis c.p.).

Ritenendo la decisione ingiusta, il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Catania decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento.

Osservava il Procuratore ricorrente, infatti, che il Tribunale di Catania, nell’assolvere l’imputato, non avrebbe adeguatamente tenuto in considerazione il fatto che si trattava di un “comportamento abituale” dell’imputato.

Secondo il Procuratore, infatti, se è vero che le modalità concrete della condotta (l’allontanarsi in pigiama dal luogo degli arresti domiciliari, restando nei pressi dell’abitazione) potevano effettivamente indurre a ritenere la particolare tenuità del fatto, era pur vero che tale “particolare tenuità”, nel caso di specie, doveva ritenersi esclusa, in quanto l’imputato aveva diversi precedenti penali ed era anche già stato condannato proprio per evasione.

Di conseguenza, secondo il Procuratore - a fronte del numero di precedenti penali dell’imputato e del breve lasso di tempo che era intercorso tra l’ultima condanna e l’episodio di evasione per cui si procedeva – non poteva ragionevolmente escludersi un comportamento abituale del soggetto in questione, che, peraltro, aveva manifestato una notevole propensione a delinquere.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al Procuratore ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.

Evidenziava la Cassazione, in proposito, che il Tribunale, nell’assolvere l’imputato, non aveva commesso alcuna errata applicazione della legge.

Precisava la Corte, infatti, che “ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta”.

Il giudice, in particolare, dovrà tener conto “delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo”.

In tal senso, infatti, si sono espresse anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13681 del 25.02.2016.

Ebbene, nel caso di specie, secondo la Cassazione, il Tribunale aveva del tutto logicamente evidenziato che “la minima offensività del fatto” era “desumibile dalle concrete modalità delle condotta, atteso che l'imputato era stato colto in pigiama nell'atto di gettare la immondizia nei pressi della propria abitazione”.

Di conseguenza, poiché il Tribunale, nell’assolvere l’imputato, aveva dato corretta applicazione ai principi enunciati dalle Sezioni Unite della Cassazione, la Corte rigettava il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica.


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