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Esecuzione forzata: opposizione inammissibile se fondata sulla sola mancanza della formula esecutiva

Esecuzione forzata: opposizione inammissibile se fondata sulla sola mancanza della formula esecutiva
La mancata spedizione del titolo in forma esecutiva comporta una irregolarità formale non sufficiente, di per sé, ad invalidare la procedura esecutiva, dovendo l’opponente indicare quale “concreto pregiudizio” avrebbe subito.
Secondo la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, sentenza n. 3967/2019, depositata il 12 febbraio 2019, "l'omessa spedizione in forma esecutiva della copia del titolo esecutivo rilasciata al creditore e da questi notificata al debitore determina una irregolarità formale del titolo medesimo, che deve essere denunciata nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 del c.p.c., comma 1, senza che la proposizione dell'opposizione determini l'automatica sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156 del c.p.c., comma 3. Tuttavia, in base ai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, il debitore opponente non può limitarsi, a pena di inammissibilità dell'opposizione, a dedurre l'irregolarità formale in sé considerata, senza indicare quale concreto pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo essa abbia cagionato".
Tale principio di diritto è stato affermato nell’ambito di una controversia in cui un debitore, che si era visto notificare un atto di precetto unitamente ad un titolo (nella specie, rogito notarile) privo della formula esecutiva, aveva proposto opposizione agli atti esecutivi lamentando, appunto, l’assenza del “comandiamo”.
Nella pronuncia in esame, la Cassazione svolge una premessa sulla funzione propria della spedizione in forma esecutiva, prevista dall’art. 475 del c.p.c.
In particolare, la Corte esclude che la predetta spedizione del titolo in forma esecutiva serva semplicemente a consentire all'intimato di avere piena cognizione della pretesa fatta valere nei suoi confronti, in quanto tale funzione viene assolta, semmai, dall'atto di precetto.
Da ciò deriva che la conoscenza del titolo esecutivo comunque avuta dal debitore non basta a sanare, ai sensi dell'art. 156 c.p.c., comma 3, il vizio dell'omessa spedizione in forma esecutiva della copia a lui destinata, in quanto non è questa la finalità dell'adempimento imposto dall'art. 475 c.p.c..
Allo stesso modo, non produce alcun effetto sanante la proposizione di un'opposizione agli atti esecutivi volta a far valere il predetto vizio formale.
Invece, la Corte pone l’accento sulla diversa questione dell'effettività della lesione dei diritti di difesa: questa implica infatti che qualsiasi denuncia di un vizio processuale deve essere accompagnata dalla individuazione di un concreto pregiudizio subito dalla parte, poiché non esiste un interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria.
In particolare “i principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire impongono che l'impugnazione basata sulla violazione di regole processuali possa essere accolta solo se in tal modo la parte ottiene una pronuncia diversa e più favorevole. La parte che intende far valere la nullità processuale deve quindi indicare quale attività processuale gli sia stata preclusa per effetto della denunciata nullità”.

Pertanto, anche in materia di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., l’opponente non può limitarsi a dedurre l'esistenza dell'irregolarità formale rappresentata dalla mancanza della formula esecutiva, senza indicare quale reale pregiudizio essa abbia determinato ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo.
In mancanza, l'opposizione dovrà essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse.


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