La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45940 del 6 ottobre 2017, si è occupata proprio di questa questione, nell’ambito di un procedimento avente ad oggetto la materia relativa alla sicurezza sul lavoro.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Asti aveva assolto un datore di lavoro, dichiarandolo “non punibile per la particolare tenuità del fatto” (art. 131 bis cod. pen.), in relazione alle contravvenzioni previste dagli artt. 18, comma 1, lett. a) e 71, comma 1, del D. Lgs. n. 81/2008, che gli erano state contestate per non avere, in qualità di titolare di un’azienda agricola e di datore di lavoro, “nominato un medico per attivare la sorveglianza sanitaria, nè fornito le attrezzature idonee al lavoro da svolgere in quota”.
Evidenziava il Tribunale, in particolare, che il datore di lavoro in questione, aveva tempestivamente regolarizzato le violazioni che gli erano state contestate e aveva provveduto, altresì, a pagare la sanzione amministrativa che gli era stata comminata.
Ritenendo la decisione ingiusta, il Procuratore della Repubblica aveva deciso di impugnare la stessa dinanzi la Corte di Cassazione, nella speranza di ottenerne l’annullamento.
La Suprema Corte riteneva, in effetti, di dover dar ragione al Procuratore della Repubblica, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. presuppone che sussistano due elementi fondamentali, vale a dire “la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento”.
Per quanto riguarda la “particolare tenuità dell’offesa”, la Corte precisava che tale requisito “richiede, a sua volta, la specifica valutazione della modalità della condotta e dell'esiguità del danno o del pericolo”.
Per quanto riguarda, invece, la “non abitualità del comportamento”, tale requisito deve ritenersi escluso quando “l'autore del reato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso più reati della stessa indole”.
Ebbene, nel caso di specie, la Cassazione riteneva che il Tribunale di Asti avesse erroneamente considerato applicabile l’art. 131 bis c.p., fondando la propria decisione sulla sola base della “condotta susseguente all'accertamento del reato (consistita nella regolarizzazione delle condotte contestategli ottemperando alle prescrizioni del Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro e nel pagamento della sanzione amministrativa cui era stato ammesso)”.
Secondo gli Ermellini, inoltre, il Tribunale aveva erroneamente ritenuto sussistente il requisito relativo alla “non abitualità della condotta in ragione della condizione di incensuratezza dell'imputato”.
Evidenziava la Cassazione, in proposito, che la causa di esclusione della punibilità per “particolare tenuità del fatto”, non può trovare applicazione, ai sensi dell’art. 131 bis, comma 3, c.p., laddove “l'imputato abbia commesso più reati della stessa indole”, ed infatti nel caso di specie, era emerso che l’imputato si era “reso responsabile di una duplice violazione di reati (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 18, comma 1, lett. a ed art. 71, comma 1) della stessa indole, in quanto lesivi del medesimo bene giuridico tutelato, ovverosia la sicurezza sul lavoro”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica, annullando la sentenza impugnata.