Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonista un imprenditore, che era stato sottoposto a procedimento penale per non aver adeguatamente garantito la sicurezza dei propri dipendenti, che stavano eseguendo dei lavori su un tetto (artt. 111 e 159 del d. lgs. n. 81 del 2008).
Nello specifico, all’imprenditore era stato contestato di non aver “esteso adeguatamente, al fine di garantire la sicurezza contro i rischi di caduta dall'alto, il ponteggio montato per effettuare i lavori di ripassatura del tetto su un edificio a due piani”.
Il Tribunale di Asti, pronunciatosi in primo grado, aveva assolto l’imputato, in considerazione della “tenuità del fatto” (art. 131 bis c.p.).
Secondo il Tribunale, infatti, la condotta dell’imprenditore non sarebbe stata caratterizzata “da particolare pericolosità o riprovevolezza” e, peraltro, nel caso concreto, non si era verificato alcun pregiudizio o danno apprezzabile.
Il Pubblico Ministero, ritenendo la decisione ingiusta, aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza di primo grado.
Osservava il PM, in particolare, che il reato contestato all’imputato era un reato “di pericolo presunto o astratto”, con la conseguenza che, ai fini della sua consumazione, è del tutto irrilevante che, in concreto, si sia o meno verificato un evento lesivo o pericoloso per la vita dei lavoratori.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle considerazioni svolte dal PM, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Confermava la Cassazione, infatti, che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto applicabile, al caso di specie, l’art. 131 bis c.p., non avendo lo stesso considerato che il reato oggetto di contestazione era “un reato di pericolo presunto o astratto, per la cui consumazione non rileva che si sia verificato l'evento lesivo o sia messa a repentaglio l'incolumità dei lavoratori”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal PM, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello di Torino, affinchè la medesima procedesse ad una nuova valutazione dei fatti di causa.