Spesso gli interventi di stabilizzazione sono operati dalle pubbliche amministrazioni a favore dei Lavoratori Socialmente Utili (LSU). Si tratta di lavoratori precari in stato di svantaggio nel mercato del lavoro (disoccupazione, mobilità, cassa integrazione guadagni straordinaria), che svolgono attività aventi ad oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi svolte a beneficio di tutta la collettività.
I lavoratori socialmente utili si riconducono a tre principali categorie:
> c.d. platea storica finanziata con le risorse statali del Fondo Sociale Occupazione e Formazione;
> categoria degli "autofinanziati", sostenuta con risorse proprie degli enti presso cui si svolgono le attività (es. Comuni, Regioni, etc.);
> categoria dei lavoratori percettori di sostegni al reddito, utilizzati da Pubbliche Amministrazioni in attività socialmente utili per la durata delle prestazioni godute.
Intorno alla questione degli interventi di stabilizzazione di queste particolari figure di lavoratori precari è sorto un prolifico contenzioso, che ha sollecitato un chiarimento della Corte di Cassazione, la quale si è espressa in questi termini: «l’occupazione temporanea in "lavori socialmente utili" non integra un rapporto di lavoro subordinato, in quanto l’utilizzazione di tali lavoratori non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro ma realizza un rapporto speciale che coinvolge più soggetti – oltre al lavoratore, l’amministrazione pubblica beneficiaria della prestazione e l’ente previdenziale erogatore dell’assegno o di altro trattamento previdenziale – di matrice assistenziale e con una finalità formativa diretta alla riqualificazione del personale per una possibile ricollocazione» (v. Cass. n. 2887 del 2008, n. 2605 del 2013, n. 22287 del 2014, n. 6155 del 2018).
Da ultimo la Cassazione, sent. 15422/2024, confermando una precedente pronuncia della Corte di Appello, ha ribadito che la mancanza di copertura finanziaria e l’assenza di una corretta programmazione delle assunzioni costituiscono motivi validi per dichiarare la nullità dei contratti di lavoro di stabilizzazione degli LSU.
La norma di riferimento richiamata è l'art. 33 del T.U.P.I., secondo cui tutte le amministrazioni sono tenute a rilevare annualmente le eccedenze di personale e la copertura finanziaria per le eventuali nuove assunzioni. Per l'amministrazione inadempiente è prevista l'impossibilità a procedere ad alcuna assunzione di qualsivoglia tipologia contrattuale, mentre il dirigente responsabile può essere sottoposto a procedure disciplinari.
Ogni assunzione nel settore pubblico deve essere supportata da adeguate risorse finanziarie e deve rientrare nella pianificazione triennale del fabbisogno di personale. Questa normativa mira a garantire la sostenibilità economica delle assunzioni e a prevenire eccessi di spesa da parte delle amministrazioni pubbliche.
Di qui la decisione di annullamento della stabilizzazione dei contratti di lavoro degli LSU ricorrenti, che avevano iniziato a lavorare con contratti a tempo indeterminato dal 10 febbraio 2012, inquadrati nella categoria B del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per le Autonomie Locali.