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Decreto Salva Casa, non puoi usare la sanatoria semplificata in maniera retroattiva: nuova sentenza Consiglio di Stato

Decreto Salva Casa, non puoi usare la sanatoria semplificata in maniera retroattiva: nuova sentenza Consiglio di Stato
Scopriamo insieme i paletti fissati dal Consiglio di Stato all'applicabilità delle norme introdotte con il Decreto Salva Casa
Il Decreto Salva Casa (D.L. 69/2024, convertito in L. 105/2024) ha introdotto importanti cambiamenti nel comparto dell’edilizia, modificando anche il D.P.R. 380/2001, il Testo unico dell’edilizia (TUE). In particolare, le novità previste da questo provvedimento sono significative per i proprietari che desiderano affrontare il problema delle "piccole" violazioni edilizie nelle loro unità immobiliari.

Il TUE individua tre tipi di difformità edilizie, prevedendo per ciascuna di esse un diverso percorso di regolarizzazione:
  • variazioni essenziali;
  • abusi parziali;
  • totale difformità.

Con il Decreto Salva Casa, il legislatore ha introdotto due nuove fattispecie per la regolarizzazione di interventi realizzati in parziale difformità:
  • interventi effettuati come varianti in corso d'opera, che costituiscono parziale difformità rispetto al titolo rilasciato prima dell'entrata in vigore della L. n. 10/1977;
  • interventi accertati durante sopralluoghi o ispezioni, effettuati in corso di lavori soggetti a titolo abilitativo, per i quali non è stato emesso un ordine di demolizione o di ripristino, e per i quali è stata rilasciata la certificazione di abitabilità o agibilità.


Nel primo caso, l'intervento può essere regolarizzato mediante presentazione di SCIA e pagamento di una somma stabilita ai sensi del comma 5 dell’art. 36 bis TUE. Nel secondo caso, invece, si applica la stessa disciplina delle tolleranze costruttive previste dall’art. 34 bis TUE.

Fra le novità più rilevanti introdotte dalla Legge n. 105 del 2024 - la legge di conversione del Decreto Salva Casa - rileva, infatti, l’istituto della sanatoria edilizia “semplificata”, di cui al citato art. 36-bis TUE.
Si tratta di una procedura, appunto, semplificata per regolarizzare parziali difformità e variazioni essenziali, che si affianca all’accertamento di conformità già disciplinato dall’art. 36 del TUE, ma con criteri differenti.
A differenza della sanatoria prevista dall’art. 36, basata sul principio della doppia conformità “simmetrica” (l’intervento deve essere conforme sia alla normativa vigente al momento della realizzazione, sia a quella in vigore al momento della richiesta), la sanatoria dell’art. 36-bis introduce un criterio di doppia conformità “asimmetrica”:
  • conformità alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;
  • conformità ai requisiti edilizi vigenti al momento della realizzazione dell’intervento.


Ma l’art. 36-bis TUE ha efficacia retroattiva? Questa norma può applicarsi anche ad istanze di sanatoria presentate prima della sua entrata in vigore? E qual è il valore del silenzio dell’amministrazione sulla SCIA in sanatoria presentata ai sensi del successivo art. 37?

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1394 del 19 febbraio 2025, ha fornito chiarimenti sia in merito all'inapplicabilità retroattiva della sanatoria semplificata prevista dall'art. 36-bis, sia al valore del silenzio serbato dalla P.A. a fronte di una SCIA in sanatoria presentata ai sensi del successivo art. 37 TUE.

Nella specie, il Consiglio di Stato ribadisce con chiarezza tre principi fondamentali:
  • l’art. 36-bis TUE non ha effetti retroattivi e, pertanto, non può applicarsi a istanze di sanatoria presentate prima della sua entrata in vigore;
  • il silenzio dell'amministrazione sulla SCIA in sanatoria non equivale a un silenzio assenso, ma a un silenzio inadempimento: di qui la necessità, per il privato, di agire in giudizio per ottenere una risposta espressa;
  • l’amministrazione, a sua volta, ha l’obbligo di pronunciarsi sull’istanza di SCIA in sanatoria, verificando l’effettiva legittimità dell’intervento edilizio e adottando un provvedimento espresso.

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