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Il danno cosiddetto "non patrimoniale". Cosa è?

Il danno cosiddetto "non patrimoniale". Cosa è?
Il danno non patrimoniale, quale lesione di interesse alla persona non suscettibile di valutazione economica, ha natura unitaria ed omnicomprensiva nonostante la "scissione" in sottocategorie definitorie della prassi.
Secondo il nostro ordinamento, il danno non patrimoniale consiste nella lesione di interessi giuridicamente rilevanti ai sensi e per gli effetti degli art. 2043 e seguenti del c.c.

Andiamo per ordine.

La disciplina racchiusa nel nostro codice civile distingue il risarcimento del danno sia nel caso di responsabilità contrattuale (art. 1218 del c.c.) sia in quello di responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 del c.c.).

L’art. 2043 e seguenti del c.c., in particolare, disciplina il risarcimento del danno patrimoniale derivante da atto illecito ed il risarcimento del danno NON patrimoniale sempre scaturente da fatto illecito collegato alla responsabilità extracontrattuale.

Alla luce della disciplina suddetta, può accadere quindi che da un medesimo fatto illecito scaturiscano più voci di danno – distinte appunto per il carattere o meno della “patrimonialità”.

Per fare un esempio pratico, si pensi ai sinistri stradali che spesso provocano lesioni personali.
In questi casi, sono sicuramente dovuti i danni patrimoniali subiti dal danneggiato (ovvero i danni materiali), ma anche i danni non patrimoniali qualificati ormai convenzionalmente come “danno biologico” alla persona.

I danni patrimoniali, quindi, saranno dovuti perché è stato causato un danno ad un bene di proprietà altrui (si pensi alla macchina danneggiata a seguito di un incidente), i danni non patrimoniali invece saranno dovuti sia per la violazione del diritto alla persona costituzionalmente garantito (quello della salute) sia perché la condotta del danneggiante si configura come reato – lesioni – seppur nella forma colposa (art. 590 del c.p.).

La categoria del danno non patrimoniale è stata oggetto di varie e contrastanti sentenze emesse sia dai giudici di merito che di legittimità.
Successivamente una risposta univoca è stata data dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che con la pronuncia n. 26972 del 2008 hanno tentato di definire i confini rientranti nella sfera dell’illecito extra contrattuale relativo ai danni non patrimoniali.
Partiamo quindi da questo.
L’art. 2059 del c.c. prevede, infatti, la risarcibilità del danno non patrimoniale solo nei casi stabiliti dalla legge.
Chiara è la differenza con quanto disposto dall’art. [[n2043cc] del c.c. che, invece, riconosce la risarcibilità del danno di natura patrimoniale per “qualunque fatto” dal quale derivi un danno ingiusto.
Il danno non patrimoniale è quindi un DANNO TIPICO perché può essere risarcimento solo nelle ipotesi tassativamente previste dal legislatore.
Riportiamo un esempio: l’art. 185 del c.p. prevede espressamente che ogni reato obbliga non solo alle restituzioni a norma delle leggi civili, ma anche al risarcimento del danno, sia esso di natura patrimoniale sia esso di natura non patrimoniale.
Se, pertanto, l’art. 185 del c.p. non avesse fatto un espresso riferimento alla “risarcibilità del danno non patrimoniale”, questo non sarebbe dovuto perché non espressamente previsto.


Ma, in concreto, cos’è il danno non patrimoniale?
Le risposte sono state tante e per lo più basate su una classificazione di ipotesi singole di danno non patrimoniale, convenzionalmente individuate nelle seguenti categorie:

1. Danno biologico: definitivo espressamente dal legislatore dell’art. 138 del codice delle assicurazioni quale “lesione temporanea o permanente dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito".
Due sono i componenti essenziali che caratterizzano questa tipologia di danno, ovvero una strettamente psicofisica e l’altra relazionale del soggetto e che dovranno essere tenute strettamente in considerazione nel calcolo del danno stesso.
Si tratta di un danno che dovrà essere valutato in correlazione con la personalità del soggetto danneggiato e, quindi, caso per caso – nonostante la presenza di tabelle indicative preparate dai vari Tribunali.

2. Danno morale: quale sofferenza soggettiva cagionata da un fatto illecito in sé considerato, di regola un reato, che può essere sia di natura transitoria che permanente (ad esempio un dolore, uno stato di depressione ovvero uno stato d'ansia derivante da un fatto illecito - si pensi al dolore di un parente per la perdita di un proprio caro a seguito di un sinistro, ovvero la sofferenza patita da una persona diffamata);

3. Danno esistenziale: ovvero qualsiasi compromissione delle attività realizzatrici della persona umana, quale ad esempio la lesione della serenità familiare, o del godimento di un ambiente salubre, distinto dal danno biologico perché non presuppone l'esistenza di una lesione fisica, e distinto dal danno morale perché non costituisce una sofferenza di tipo soggettivo (si pensi, ad esempio al danno subito da un lavoratore licenziato ingiustamente).
Questa ultima ipotesi di danno avrebbe carattere “residuale” in quanto sussisterebbe al di fuori delle altre due precedenti ipotesi di danno e, praticamente, nel caso in cui il soggetto si trovasse in una specie di disagio o difficoltà derivante dall’attività danneggiante.

Sulla "scissione" sopra riportata è prontamente intervenuta la Corte di Cassazione che, pronunciandosi a Sezioni Unite, ha affermato che il danno non patrimoniale non è suscettibile di divisione in categorie, ma ha carattere unitario e consiste in tutte le compromissioni di natura non patrimoniale che un soggetto può aver avuto a causa di un fatto illecito subito.

La Corte, quindi, ha contestato espressamente la divisione in categoria di questa tipologia di danno specificando che tale suddivisione ha mero carattere descrittivo.

Di conseguenza, è diritto della persona chiedere tutti i danni non patrimoniali subiti, secondo quanto espressamente disposto dagli articoli 2043 e 2059 del c.c.

La distinzione in categorie può essere sicuramente utile per meglio evidenziarli, ma l’unicità del danno non patrimoniale è indiscutibile e sarà tanto più intenso e quindi, materialmente liquidabile, quanti più saranno i pregiudizi riportabili a quelle categorie, concretamente accertabili alla luce dell’effettività del pregiudizio subito.

Pertanto, in conclusione, si potrà ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale quando sarà provato quanto disciplinato dall’art. 2043 e dall’art. 2059 cc.
Si dovrà provare quindi:

1. che si è verificato un fatto (o meglio un atto), quindi un'azione o omissione, quest'ultima rilevante solo quando esiste un obbligo giuridico ad agire (art. 40 co. 2 del c.p.);

2. che tale fatto ha provocato un danno secondo le regole del rapporto di causalità;

3. che il soggetto era capace di intendere e di volere;

4. che sussiste l’elemento soggettivo (dolo o colpa);

5. che si tratta di un danno ingiusto perché diretta conseguenza di violazione di norme di legge che prevedono, appunto, espressamente il risarcimento del danno non patrimoniale oppure dell’interesse costituzionalmente garantito.

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