Con
ordinanza del 13 marzo 2019, il
Tribunale di Pordenone si è trovato a decidere sui provvedimenti economici da adottare nel caso di cessazione di una unione civile tra due donne, contratta ai sensi dell'art.
1 della legge n. 76/2016 (c.d. legge Cirinnà).
in particolare, il Tribunale ha ritenuto opportuno applicare, “
anche per ragioni di pari trattamento, costituzionalmente orientato”, all'assegno da corrispondersi a seguito dello scioglimento dell'unione civile, i medesimi principi espressi dalle
Sezioni Unite con la
sentenza n.18287/2018 in materia di assegno divorzile.
Com'è noto, infatti, con tale ultima pronuncia le Sezioni Unite hanno affermato il seguente
principio di diritto: "
ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5 della legge divorzio, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto".
Nel caso oggetto della pronuncia in commento, il
Presidente del Tribunale ha giudicato “
assolutamente pacifico lo squilibrio tra le condizioni economico patrimoniali delle parti”, alla luce delle dichiarazioni dei redditi depositate e della ricostruzione dei rispettivi patrimoni, come emersa in corso di causa.
Secondo il Tribunale, tale squilibrio, per quanto in misura marginale, sarebbe dipeso da scelte di vita assunte dalle parti nel corso della relazione. A tal fine, il giudice ha inteso tenere conto anche della fase di convivenza "di fatto" precedente alla celebrazione dell'unione civile (la legalizzazione della stessa infatti non sarebbe stata possibile prima dell’
entrata in vigore della Cirinnà).
In ogni caso, nel fissare l’importo dell’assegno, determinato secondo i criteri di cui sopra, il Tribunale ha precisato come tale provvedimento provvisorio tenesse conto dell’occupazione dell’abitazione condivisa all'epoca della relazione. Il rilascio dell’abitazione, infatti, provocando un mutamento nelle rispettive situazioni economiche, giustificherebbe, secondo l’ordinanza in commento, “l'immediata rimodulazione dell'assegno".